Extra - Puntata di Martedì 19 Marzo 2024

3 months ago
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L’ultima iniezione di pessimismo è arrivata poche ore fa e porta la firma, autorevole e qualificata, dell’Ocse, cioè la prestigiosa ‘organizzazione internazionale di studi economici per i Paesi membri, Paesi sviluppati aventi in comune un’economia di mercato.

Secondo gli esperti che la compongono, la crescita economica continuerà lenta in tutto il mondo ma l’inflazione dovrebbe tornare ai livelli fissati dalle banche centrali, il 2%, entro la fine del 2025. Uno scenario globale che però, di paese in paese, rischia di generare dinamiche del tutto differenti e con conseguenze non univoche.

L’Ocse ha abbassato le aspettative di crescita per quest’anno e per il prossimo: il Prodotto interno lordo (Pil) globale dovrebbe passare da un aumento del 2,9% nel 2023 al 2,7% nel 2024 e per poter apprezzare un lieve miglioramento bisognerà aspettare il 2025 quando il Pil mondiale tornerà a crescere al 3%.

Tra le principali preoccupazioni al momento vi è la debolezza del commercio mondiale ma anche le emergenze contingenti, come i conflitti in corso alle porte dell’Europa: in particolare il timore è che il conflitto tra Israele e Hamas e la guerra della Russia in Ucraina possano influire sui prezzi delle materie prime, come il petrolio cui va aggiunto il fatto che contestualmente sono state revocate le misure di sostegno fiscale per affrontare la crisi energetica.

Anche se le previsioni per la crescita sono al ribasso, l’Ocse afferma che i rialzi dei tassi di interesse stanno producendo gli effetti desiderati nel contenimento dell’inflazione, nei Paesi dall’economia più fiorente. Entro la fine del 2025 l’inflazione dovrebbe tornare ai livelli fissati dalle banche centrali, ovvero il 2%.

Poi, ovviamente, ogni nazione è un caso a parte in un trend comunque generalizzato. E il caso dell’Italia è eclatante: nel nostro paese le cause del rallentamento sono molteplici, dall’inflazione alla bassa crescita dei salari, che hanno eroso il reddito reale. Con qualche caso destinato a suscitare maggiori polemiche e soprattutto un bel po’ di recriminazione: secondo gli economisti che hanno stilato il dossier italiano, tra i fattori che influiscono sulle stime vi è anche il ritardo nella spesa dei fondi del Next Generation Eu che comporta ritardo nell’attuazione degli investimenti pubblici.

E questo vale in particolar modo per i progetti infrastrutturali che favorirebbero la crescita. È necessario invece abbandonare al più presto i progetti impraticabili: secondo il rapporto, infatti, “la velocità di attuazione dei piani di investimento pubblici e delle riforme del Pnrr sarà cruciale per sostenere la crescita e ridurre l’incidenza del debito”. Per l’Italia sarà importante porre “l’accento sulla politica dell’offerta, accrescere la concorrenza nel settore dei servizi, in particolare quelli alle imprese, e riformare la giustizia civile”.

Nel Paese l’Ocse si aspetta anche la crescita del tasso di disoccupazione, dal 7,6% del 2023 al 7,8% nel 2024, per poi tornare ad attestarsi sul 7,6% nel 2025.

Ma tra le regioni più in difficoltà c’è proprio il Lazio su cui però gravano anche altri fattori, come conferma una recente indagine della Ugl secondo cui a penalizzare l’andamento economico del nostro territorio c’è, oltre all’eccessiva pressione fiscale anche il bassissimo numero di nascite.

E in questa puntata di Extra, il nostro Claudio Micalizio approfondisce i risultati di questo dossier proprio con Armando Valiani, segretario di Ugl Lazio.

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