Parliamo del Dharma,delle leggi induiste e del Adharma(non Dharma) cioè quello che fate voi massoni,neopagani siosatanisti ed ebrei del cazzo peccatori di merda che siete e morirete nei vostri peccati appunto

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Parliamo del Dharma,delle leggi induiste e del Adharma(non Dharma)
Dharma (/ˈdɑːrmə/; [7] Sanscrito: धर्म, romanizzato: dharma, pronunciato [dɦɐrmɐ] (icona dell'altoparlante audioascolta); Pali: dhamma; Tamil: aṟam) è un concetto chiave con molteplici significati nelle religioni indiane, come l'induismo, il buddismo, il giainismo, il sikhismo e altri. [8] Sebbene non esista una traduzione diretta di una sola parola per il dharma nelle lingue occidentali,[9] è comunemente tradotto come "rettitudine", "merito" o "doveri religiosi e morali" che governano la condotta individuale. [10][11]

Nell'induismo, il dharma è una delle quattro componenti del Puruṣārtha, gli scopi della vita, e significa comportamenti che sono considerati in accordo con Ṛta, l'ordine che rende possibile la vita e l'universo. [12][nota 1] Comprende doveri, diritti, leggi, condotte, virtù e "retto modo di vivere". [13]

Nel buddismo, dharma significa "legge e ordine cosmico",[12][14] come espresso dagli insegnamenti del Buddha. [12][14] Nella filosofia buddista, dhamma/dharma è anche il termine per "fenomeni". [15][nota 2]

Il Dharma nel Giainismo si riferisce agli insegnamenti di Tirthankara (Jina)[12] e al corpo di dottrina relativo alla purificazione e alla trasformazione morale degli esseri umani.

Nel Sikhismo, dharma significa il sentiero della rettitudine e della corretta pratica religiosa e dei propri doveri morali verso Dio. [16]

Il concetto di dharma era già in uso nella religione vedica storica, e il suo significato e la sua portata concettuale si sono evoluti nel corso di diversi millenni. [17] Come per le altre componenti del Puruṣārtha, il concetto di dharma è pan-indiano. L'antico testo morale tamil di Tirukkural si basa esclusivamente su aṟam, il termine tamil per dharma. [18] Il contrario del dharma è adharma.
https://en.wikipedia.org/wiki/Dharma
https://en.wikipedia.org/wiki/Dharmachakra
https://en.wikipedia.org/wiki/%E1%B9%9Ata
https://en.wikipedia.org/wiki/Asha
L'Advaita Vedanta è probabilmente la più conosciuta fra tutte le scuole Vedānta della religione Induista. Letteralmente il termine Advaita significa "non duale", ma viene anche utilizzato per indicare il sistema monistico su cui si fonda il principio dell'indivisibilità del Sé o Ātman dall'Unità (Brahman). I testi fondamentali da cui derivano i Vedānta sono le Upaniṣad, o commenti ai Veda, e i Brahma Sutra, anche conosciuti come Vedānta Sutra, nei quali si concentra la discussione sulla natura intima delle Upanişad.
Il primo grande codificatore dell'Advaita Vedānta fu Adi Shankara (788-820). La filosofia che propose fu potente e capitalizzò negli anni il monismo dormiente, e la conoscenza mistica dell'esistenza: proseguendo la linea di pensiero di alcuni rishi espressa nelle Upaniṣad e in particolare la testimonianza di Gauḍapāda, esposta nell'opera principale (la kārikā di commento alla Māṇḍūkya Upaniṣad), Shankara espose la dottrina dell'Advaita, che afferma la Realtà assoluta come unica realtà e la realtà fenomenica come continuo divenire. Quindi l'unica realtà possibile è quella non duale, mentre il mondo, soggetto al continuo divenire, ha una natura illusoria, in quanto impermanente. Egli definì meglio quanto già espresso nelle Upaniṣad: la Realtà assoluta o Brahman e la pura Realtà Ātman dell'essere individuato jivatman o anima individuale, sono la stessa e unica. Questa realtà è non duale, pertanto realizzabile solo rinunciando ai vincoli del contingente.

I tre principali stati di consapevolezza (veglia, sogno e sonno profondo), infatti, sono espressione di un quarto stato trascendentale, conosciuto nelle Upaniṣad come turīya, coincidente con la Realtà assoluta o Brahman. La molteplice natura dei fenomeni e la loro ultima essenza è simboleggiata dal suono Aum, il più sacro fra i mantra induisti. Brahman è al tempo stesso immanente e trascendente, e non solo un concetto panteistico. Inoltre, oltre ad essere la causa materiale ed efficiente dell'intero universo, Brahman stesso non è limitato dalla sua auto-proiezione ed effettivamente trascende tutti gli opposti, tutte le dualità, soprattutto aspetti, quali la forma e l'essere; da sempre è incomprensibile alla mente umana.

Molte testimonianze di queste esperienze sono state esaurientemente descritte in parecchie Upaniṣad. Tra il 1000 e il 1600 d.C., nella Brihadaranyaka, troviamo un dialogo tra Prajapati e Indra in cui si discute del Sé e dei diversi stati di consapevolezza; fu tuttavia Adi Shankaracharya che diffuse e sistematizzò il concetto di non dualismo come pratica religiosa in un lavoro coerente chiamato Vivekacūḍāmaṇi, o Il gran gioiello della discriminazione.

L'influsso di Adi Shankaracharya si fece non solo sentire nella meditazione Advaita, ma anche nella pratica e nella conoscenza Induista. I suoi lavori principali sono le Brahma Bhashyas, che rappresentano dei commentari alle Vedānta Sutra e alla Bhagavad Gita realizzate nello sforzo continuo di ricerca dello stato non-duale, ed infine il trattato sull'Advaita, il Vivekacūḍāmaṇi. Inoltre questo maestro è più conosciuto come l'iniziatore della Bhakti o devozione altruistica, che nel sistema filosofico Advaita si può realizzare soprattutto mediante i bhajan, o canti devozionali, i più famosi dei quali sono il Bhaja Govindaṁ, il Soundaryalahari e Sivanandalhari.

Maestro di meditazione
I trattati sulle Upaniṣad, la Bhagavad Gita e i Vedānta Sutra, sono i testamenti di una mente acuta e intuitiva che non ammetteva dogmi; Adi Shankara affermava che un devoto, solo attraverso l'altruismo disinteressato e l'amore, governati dalla discriminazione (viveka) sia in grado di andare verso la liberazione (moksha) e di realizzare il Sé interiore, mentre il solo discernimento e l'astratto filosofeggiare non avrebbero portato a nessun risultato.

L'accusa secondo la quale questa filosofia sia stata influenzata dal Buddhismo era infondata, dato che Shankara si oppose con veemenza alla negazione dell'essere Īśvara, affermando che il non-manifesto Brahman manifestava sé stesso come Īśvara, l'amante, l'essere perfetto, il divino, identificato poi come Vishnu o Shiva o qualunque cosa dettasse il cuore. Shankara inoltre sosteneva di aver viaggiato attraverso l'India, da sud a nord fino al Kashmir, pregando per la popolazione locale, dibattendo di filosofia con monaci e scolari, apparentemente con successo, anche se non esiste documentazione in proposito.

La filosofia che proponeva Shankara era potente, in grado di risvegliare il monismo mistico dormiente dell'allievo, attraverso la conoscenza e la consapevolezza intima dell'esistenza. Inoltre affermava che, sia l'universo fenomenico, sia la nostra coscienza, sia il corpo, che le nostre esperienze, sono realtà illusoria anche se questo non significava negarle. In realtà la Verità Ultima era rappresentata da Brahman, situato al di là del tempo, dello spazio, al di là della causa e dell'effetto. Brahman è immanente e trascendente, non solo come concetto panteistico e pur essendo Brahman la causa materiale del cosmo, esso non è limitato dalla sua proiezione, ma trascende la dualità e gli opposti, soprattutto nella forma e nell'essere, essendo la sua natura intima incomprensibile dalla mente umana.

Il compito supremo dell'essere umano è quello di penetrare il velo illusorio della realtà (Maya) per rivelare la vera natura, che non è perenne cambiamento tra vita e morte, ma perfezione assoluta e gioia eterna. Se noi conoscessimo i veri motivi che stanno dietro le nostre azioni e i nostri pensieri, diverremmo consapevoli della fondamentale unità dell'essere. Ma come può una mente limitata comprendere l'illimitatezza del Sé? In realtà non può, ma tuttavia è in grado di trascendere la mente e unirsi all'Assoluto.

Macrocosmo e Microcosmo
La filosofia Advaita considera la natura e tutto il fenomeno dell'universo come una sovrapposizione che vela il suo immutevole, trascendente e intelligente Substrato.

L'universo è in continuo divenire, è incostante ed impermanente, mentre l'Assoluto che è il substrato che lo sottende, non diviene, è costante e permanente. Secondo la sapienza upaniṣadica, l'errore di considerare reale ciò che è solo una sovrapposizione al Reale è simile allo scambiare la corda per il serpente, è l'illusione (Maya) determinata dall'ignoranza metafisica (avidya) da cui deriva il dolore dell'essere umano.

Nella Tradizione Vedānta, questa illusoria percezione del divenire è attribuita all'identificazione con le forme manifeste che rende inconsapevoli e separati dal Reale e dalla sua serena immutabile stabilità.

Tale identificazione, producendo l'illusione del mondo relativo, rende l'essere umano come il prigioniero della caverna del mito platonico, lontano dalla luce e immerso nelle ombre mutevoli ed ottenebranti di una pseudo realtà, separato dal suo Principio. Obiettivo dell'Advaita Vedānta è la disidentificazione dal relativo e la realizzazione dell'Assoluto. Questa Realtà sottesa ad ogni aspetto del mondo delle forme è, a livello microcosmico, l'Ātman o Sé individuale.
Saguna Brahman e Nirguna Brahman
Un altro argomento di discussione nei Veda è se la realtà di Brahman sia "saguna" (con attributi) o "nirguna" (senza attributi). La fede nel concetto di Saguna Brahman portava ad una sviluppo delle facoltà devozionali e a una diffusa devozione per Vishnu e Shiva. Tuttavia dobbiamo ricordare che l'Advaita Vedānta non nega Saguna Brahman. In realtà, Shankara consigliava l'adorazione di Dio nella sua forma più pura e autentica, e lo affermava in diversi lavori nei quali disapprovava l'utilizzo dell'intelletto e della ragione, affermando che solo attraverso l'apertura del cuore si sarebbe trovato l'amore del Signore.

Advaita Vedānta è comunemente scambiata come una filosofia intellettuale, data la sua funzionale praticità, nel quale un insegnamento è in grado di "forgiare" il corpo e la mente in puro stato dell'essere.

Sia Saguna Brahman che Nirguna Brahman sono comunque forme valide; dalla Coscienza Assoluta deriva sia il principio divino che la creazione. Nirguna Brahman (senza attributi) è la radice metafisica del Saguna Brahman (con attributi), così come lo Zero lo è dell'Uno. Quel Supremo Principio è inclusivo di tutti gli attributi degli esseri, e persino di quelli di Dio.

Dal nucleo della vita indifferenziata originano l'Uno ed il molteplice, il creatore e l'esistenza differenziata. In altre parole, il Principio Divino, i mondi celesti ed umani che comprendono l'universo, esistono sulla base di tale Assoluto onnipervadente che li contiene. Nella gerarchia dell'Esistenza, l'Assoluto precede l'universalità del Divino. Nello Spirito Supremo, Uno ed indivisibile, sono impliciti come propri riflessi il Padre e la Madre dell'Universo, l'energia vitale che alimenta le forme e le forme stesse. Questa è la spiegazione filosofica e metafisica del mistero dell'esistenza e dà misura della non-dualità della vita e dell'inscindibilità di tutte le sue dimensioni. In questa cosmogonia sacra, lo Spirito Assoluto, Dio, l'universo, il Sé dell'essere umano appaiono come un continuum, come parti di un sistema unitario dove ogni aspetto non può essere scisso o compreso senza l'altro.

Può darsi che l'Advaita sia stato insegnato meglio a partire dal XIX secolo da Shri Ramakrishna. Questo maestro ha paragonato l'infinito senza forma Nirguna Brahman ad un vasto oceano che, attraverso la fresca brezza dell'amore devoto, condensa la forma nella manifestazione. Ma poi, attraverso il calore della conoscenza del sole, il ghiaccio si dovrebbe sciogliere e il devoto realizzare sé stesso in una indifferenziata e perfetta beatitudine.

La scuola Vishistadvaita e Dvaita credono nel Saguna Brahman, ossia in un Dio con attributi. Entrambe come l'Advaita sono scuole monistiche e panteistiche, ma differiscono nella definizione dell'ultima forma di Dio.

È bene tenere a mente che quando si parla del Brahman si allude al Nirguna Brahman altrimenti noto come Parabrahman, Sat-Cit-Ananda, Uno senza secondo, Zero senza attributi, etc.

Quando invece si parla di Brahmā si intende il Saguna Brahman, ovvero Īśvara: l'Uno qualificato, con attributi.

Alcuni insegnamenti dell'Advaita Vedānta
Vi sono altri testi, molto conosciuti, che hanno influenzato la scuola Vedānta l'Ashtavakra Gita e l'Avadhuta Gita, scritti inizialmente da Ashtavakra e più tardi da Dattatreya.

Il venticinquesimo verso dell'Avadhuta Gita dice:

Da tale sentenza "ciò che tu sei", il nostro Sé si afferma. Di ciò che è falso e composto di cinque elementi – le Sruti, le scritture dicono, "non questo, non quello, (Neti, Neti)".

Questo è un potente e coerente riassunto del sentiero dello Jñāna Yoga, di viveka o discriminazione. Eliminando la prospettiva di maya o dell'illusione, del mondo finito, discriminando tra ciò che è Brahman e ciò che non lo è, si giunge alla Verità. Brahman non è il corpo, non è la mente. Attraverso questo processo, l'aspirante o yogi, "presto" si rende conto che Brahman è il tutto, infinito Satcitananda (Assoluta Verità-Consapevolezza-Perfetta Beatitudine), e ottiene la moksha, la liberazione.

L'impatto dell'Advaita
La filosofia dell'Advaita Vedānta ha avuto uno straordinario impatto sulla dottrina tantrica e ha fornito un valido appoggio alle considerazione del Sé ultimo sviluppate dagli Yogi, come Brahman, Ātman, l'essere Uno.

L'Advaita ha rinnovato il pensiero Indù stimolando il dibattito sul Vishista Advaita, o non dualismo qualificato, e del Dvaita, o dualismo. Grazie all'Advaita la filosofia indù/Vedica ha avuto un forte impulso, il cui seme può essere riconosciuto nell'espressione: La Verità è Una, tuttavia il saggio la osserva come una moltitudine.

L'Advaita e la scienza
Diversi seguaci dell'Advaita ritengono che questa filosofia potrebbe rappresentare un punto di incontro tra la scienza e il mondo spirituale. Per giustificare questa ipotesi, essi fanno riferimento alle relazioni tra la massa, la frequenza e l'energia stabilite dalla fisica del XX secolo. Credono che queste relazioni, formalizzate in equazioni da Planck e Einstein, suggeriscano che tutta la struttura di questo Universo appaia come un'Unità che esibisca sé stessa come una moltitudine (energia, massa, onde eccetera) e che questo sia coerente con la visione Advaita in cui ogni cosa esiste ma è il risultato della manifestazione dell'"Unità", che è onnipresente, onnisciente e onnipotente. Inoltre correlano le onde materiali di De Broglie della meccanica ondulatoria al mantra Aum della dottrina indù.
https://it.wikipedia.org/wiki/Advaita_Ved%C4%81nta#Saguna_Brahman_e_Nirguna_Brahman
https://it.wikipedia.org/wiki/Brahmas%C5%ABtra
https://it.wikipedia.org/wiki/Brahman
https://en.wikipedia.org/wiki/Jivanmukta
per gli insegnamenti indiani e buddisti vedere la seguente playlist
https://www.youtube.com/playlist?list=PLuNGnkcXvyh-0HjybwHfxSIr_YZggHvMu
GESù è L'UNICO MAESTRO QUINDI OGNI COSA CHIEDETELA NEL NOME DI GESù E IL PADRE VI PERDONERà I PECCATI,VI SANTIFICHERà E VE LA DARà SENZA RINFACCIARE NULLA E ADORARLO IN SPIRITO E VERITà GESù è LA VIA,LA VERITà E LA VITA..IO NON SONO GESù ED OVVIAMENTE NON POSSO SALVARE NESSUNO LA BIBBIA LO DICE CHE SOLO GESù è QUELLO CHE SALVA E CHE NESSUN ALTRO NOME SOTTO AL CIELO DATO AGLI UOMINI PUO SALVARE GLI UOMINI(Atti 4:12)
Film animato su Gesù:https://youtu.be/-EKyQVaq_Yc
infatti Gesù quello nato a Betlemme 2021 anni fa oltre ad essere il Messiah ebraico,il verbo incarnato figlio di Dio e uno con il padre nel principio cioè Dio stesso e l'unico Dio ed il Saoshyant(il salvatore escotologico) zoroastriano era pure il Maitreya buddista ed il para-Brahman induista cioè il Dio UNICO come nelle altre religioni appunto che Gesù è Dio stesso come il Padre celeste [Para è una parola sanscrita che significa "superiore" in alcuni contesti e "più alto o supremo" in altri.
Brahman nell'Induismo connota l'Assoluto, la Realtà Ultima nell'universo. Nelle principali scuole di filosofia indù è la causa materiale, efficiente, formale e finale di tutto ciò che esiste. Brahman è un concetto chiave che si trova nei Veda ed è ampiamente discusso nelle prime Upanishad e nella letteratura Advaita Vedanta Nell'Advaita Vedanta(non dualità), il Para Brahman è definito come nirguna brahman,o Brahman senza forma o qualità. È uno stato di completa conoscenza di sé come identico al Brahman trascendentale, uno stato di illuminazione mentale-spirituale (Jnana yoga). ). L'Advaita Vedanta sostiene in modo non dualistico che brahman è divino, il divino è Brahman, e questo è identico a ciò che è Atman (la propria anima, il sé più intimo) e nirguna (senza attributi), infinito, amore, verità, conoscenza, "essere-coscienza-beatitudine".Advaita descrive le caratteristiche di un'esperienza non dualistica,[12] in cui un'esperienza soggettiva diventa anche un "oggetto" di conoscenza e una realtà fenomenica. La Verità Assoluta è sia soggetto che oggetto, quindi non c'è differenza qualitativa:
"I trascendentalisti istruiti che conoscono la Verità Assoluta chiamano questa sostanza non duale Brahman, Paramātmā o Bhagavān." (Bhagavata Purana 1.2.11)
"Chi realizza il Brahman Supremo raggiunge la suprema felicità. Quel Brahman Supremo è la Verità Eterna (satyam), Onnisciente (jnanam), Infinito (anantam)." (Taittiriya Upanishad 2.1.1)
Le Upanishad affermano che il Brahman Supremo è Eterno, Cosciente e Beato sat-chit-ânanda. La realizzazione di questa verità è la stessa che essere questa verità:
"L'Uno è la Beatitudine. Chi percepisce il Beato, il serbatoio del piacere, diventa beato per sempre." (Taittiriya Upanishad 2.7.1-2)
"In verità sappi che il Supremo è Beatitudine." (Brihadaranyaka Upanishad 2.9.28) Bhagavan è legato alla radice Bhaj (भज्, "riverire", "adorare"), e implica qualcuno "glorioso", "illustre", "venerato", "venerabile", "divino", "santo" (un epiteto applicato a dei, personaggi santi o rispettabili).Buddha è indicato come Bhagavan nei testi buddisti Antichi e medievali Theravada, Mahayana e Tantra, dove connota "Signore", "Benedetto", "Fortunato".https://rumble.com/vrsmeh-jesus-christ-is-the-god-of-hinduism-krishna-rama-brahma-vishnu-shiva-brahma.html?mref=rljsx&mrefc=2 https://rumble.com/vrtv6z-scorci-di-induismo-la-saggezza-senza-tempo-del-sanatana-dharma-la-legge-cos.html?mref=rljsx&mc=e5yiv
https://rumble.com/vpqry0-precisazioni-sulle-religioni-e-argomenti-vari.html?mref=rljsx&mc=e5yiv
https://rumble.com/vpbcz3-spieghiamo-i-significati-dei-termini-sanscriti-e-lo-yoga.html?mref=rljsx&mc=e5yiv https://rumble.com/vmo37r-parliamo-dei-mahvkyas-cio-i-grandi-detti-induisti-.html?mref=rljsx&mc=e5yiv https://rumble.com/vmo3nb-parliamo-di-meditazionebrahmanatman-e-gurukula.html?mref=rljsx&mc=e5yiv https://rumble.com/vmo53t-parliamo-di-corpoanima-e-spirito-e-di-santit.html?mref=rljsx&mc=e5yiv https://rumble.com/vmo543-parliamo-della-fedesalvezzagrazia-divina-e-dottrina-dei-3-corpi.html?mref=rljsx&mc=e5yiv
https://rumble.com/vmo2sh-nomi-di-dio-nelle-varie-religioni-monoteiste.html?mref=rljsx&mc=e5yiv il Sanatana dharma è un termine che si riferisce all'eterna Verità dell'Induismo https://www.yogapedia.com/definition/6240/sanatana-dharma. Le radici di questa frase possono essere fatte risalire all'antica letteratura sanscrita come una sorta di ordine cosmico. Sanatana denota "ciò che è senza inizio o fine" o "eterno" "Sat Nam" significa "il Suo nome è Verità" Sat nam è riferito a Dio come il Nome di Dio è Vero ed Eterno.https://en.wikipedia.org/wiki/Satnam https://rumble.com/vrq0ae-l-advaita-vedanta-spiegato-semplicemente-che-cos-la-non-dualit.html?mref=rljsx&mc=e5yiv La parola yoga deriva dalla radice sanscrita yuj, che significa "giogo" o "unire". La pratica mira a creare unione tra corpo, mente e spirito, così come tra il sé individuale(atman) e la coscienza universale (Brahman) cioè il divino appunto. Tale unione tende a neutralizzare i pensieri e i comportamenti guidati dall'ego, creando un senso di risveglio spirituale.(buddhità o jivanmukta in induismo o santificazione nel cristianesimo appunto)
https://rumble.com/vs8n3b-buddhismo-le-quattro-nobili-verit-e-lottuplice-nobile-sentiero.html?mref=rljsx&mc=e5yiv
Lo yoga è stato praticato per migliaia di anni e, mentre sono state sviluppate molte interpretazioni e stili diversi, la maggior parte tende a concordare sul fatto che l'obiettivo finale dello yoga è quello di raggiungere la liberazione dalla sofferenza(moksha) e l'illuminazione https://www.yogapedia.com/definition/4/yoga]appunto che viveva così e gli diceva appunto chi è spirito è spirito e se non rinasci dall'alto non puoi vedere il regno di Dio e che nessuno va al Padre se non per mezzo di lui...senza la santificazione nessuno può vedere il Signore ,non sapete che siete tempio di Dio etc etc ecco spiegato il perchè glielo diceva...e che dovevano ascoltare e praticare la parola di Dio https://rumble.com/vrtqpb-nel-principio-ges-era-la-parola-giovanni-11-14.html?mref=rljsx&mc=e5yiv...cioè vivere appunto alla maniera dei monaci buddisti e dei sadhu indù e tramite lui che era il salvatore la via e la vita sarebbero potuti entrare nel Regno appunto...piuttosto che fare entrare i neopagani etc lo spiego agli indù e ai buddisti che loro almeno vivono così e possono farcela...altro che no
per gli insegnamenti indiani e buddisti vedere la seguente playlist
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Mahāvākya ( sing.: mahāvākyam, महावाक्यम्; plurale: mahāvākyāni, महावाक्यानि) sono "I Grandi Detti" delle Upanishad, come caratterizzato dalla scuola Advaita del Vedanta con mahā che significa grande e vākya, una frase. Più comunemente, i Mahāvākya sono considerati quattro in numero,[1][2]

Tat Tvam Asi (तत् त्वम् असि) - tradizionalmente reso come "That You Art" (che tu sei),[3][4][5] (Chandogya Upanishad 6.8.7 del Sama Veda, con tat in Ch.U.6.8.7 che si riferisce a sat, "l'esistente"[6][7][8]); correttamente tradotto come "Ecco come [così]sei",[3][5] [9] con tat in Ch.U.6.12.3 che si riferisce a "la natura stessa di tutta l'esistenza permeata da [l'essenza più fine]"[10][11]
Aham Brahman Asmi (अहम् ब्रह्मास्मि) - -"Io sono Brahman", o "Io sono Divino"[12] (Brihadaranyaka Upanishad 1.4.10 dello Yajur Veda)
Prajnanam Brahma (प्रज्ञानम् ब्रह्म) - "Prajñāna[nota 1] è Brahman"[nota 2], o "Brahman è Prajñāna"[web 2] (Aitareya Upanishad 3.3 del Rig Veda)
Ayam Atma Brahma (अयम् आत्मा ब्रह्म) - "Questo Sé (Atman) è Brahman" (Mandukya Upanishad 1.2 dell'Atharva Veda)
Ahaṁ Brahmāsmi (Devanagari: अहम् ब्रह्मास्मि), "Io sono Brahman" è nella Brihadaranyaka Upanishad 1.4.10 della Shukla Yajurveda:
https://en.wikipedia.org/wiki/Mah%C4%81v%C4%81kyas
[1.4.1] All'inizio questo mondo era solo un corpo unico(ātman)a forma di uomo. Si guardò intorno e non vide altro che se stesso. La prima cosa che disse fu: 'Eccomi!' e da lì nacque il nome 'Io'. [1.4.9] Ora, la questione è sollevata; "Dal momento che le persone pensano che diventeranno il Tutto conoscendo brahman,che cosa sapeva brahman che gli ha permesso di diventare il Tutto? [1.4.10] All'inizio questo mondo era solo brahman,e conosceva solo se stesso(ātman),pensando: 'Io sono brahman'. Di conseguenza, è diventato l'intero [...] Se un uomo sa : "Io sono brahman in questo modo, diventa il mondo intero. Nemmeno gli dei sono in grado di impedirlo, perché egli diventa il loro stesso sé (ātman).

Etimologia
Aham (अहम्) - letteralmente "Io"
Brahma (ब्रह्म) - sempre pieno o intero (ब्रह्म è il primo caso che termina singolarmente di Brahman)
Asmi (अस्मि) - "am", il tempo presente singolare in prima persona del verbo come (अस्), "essere". [citazione necessaria]
Ahaṁ Brahmāsmi significa quindi "Io sono l'Assoluto" o "La mia identità è cosmica", ma può anche essere tradotto come "tu sei parte di Dio proprio come qualsiasi altro elemento".

Spiegazioni
Nel suo commento su questo passaggio Sankara spiega che qui Brahman non è il Brahman condizionato (saguna); che un'entità transitoria non può essere eterna; che la conoscenza del Brahman, l'infinita entità onnipervadente, è stata ingiunta; che la sola conoscenza della non-dualità dissipa l'ignoranza; e che la meditazione basata sulla somiglianza è solo un'idea. Ci dice anche che l'espressione Aham Brahmaasmi è la spiegazione del mantra.

Questo ('Brahman') è infinito, e questo ('universo') è infinito; l'infinito procede dall'infinito. (Allora) prendendo l'infinità dell'infinito ('universo'), rimane come l'infinito ('Brahman') da solo. - (Brihadaranyaka Upanishad V.i.1)
La rivelazione Io Sono si trova in primo luogo nel libro dell'Esodo (Es 3,14-15): “Dio disse a Mosè: «Io sono Colui che sono!». Poi disse «Dirai agli israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi».
https://it.wikipedia.org/wiki/Io_sono
Inoltre si rilevano illuminanti alcuni versetti del Deutero-Isaia: Is 43,10; Is 43,25; Is 45,18; Is 51,12; Is 52,6 (tutti dipendenti da Es 3,14).
Nel Nuovo Testamento
Questo appellativo viene utilizzato da Gesù per designare se stesso; è citato 5 volte e solo nel Vangelo secondo Giovanni:

Gv 8,24 “ … se infatti non crederete che Io Sono, morirete nei vostri peccati”

Giovanni 14:6
Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

Luca 20:38
Ora, egli non è Dio di morti, ma di vivi; perché per lui tutti vivono».

1Tessalonicesi 4:7
Infatti Dio ci ha chiamati non a impurità, ma a santificazione.

Giovanni 3
Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio». 4 Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». 5 Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. 6 Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. 7 Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. 8 Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». 9 Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». 10 Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? 11 In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. 21 Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

Ebrei 12:14
Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà il Signore;

Luca 6:40
Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro.

Romani 1:17
poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: «Il giusto per fede vivrà».

Galati 3:11
E che nessuno mediante la legge sia giustificato davanti a Dio è evidente, perché il giusto vivrà per fede.

Marco 10:27
Gesù fissò lo sguardo su di loro e disse: «Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio».

Matteo 22:32
a Gesù rispose loro: «Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio. 30 Perché alla risurrezione non si prende né si dà moglie; ma i risorti sono come angeli nei cieli. 31 Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: 32 "Io sono il Dio di Abraamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe"? Egli non è il Dio dei morti, ma dei vivi». 33 E la folla, udite queste cose, stupiva del suo insegnamento.

Giovanni 8:12
Gesù, la luce del mondo
Gv 1:4-5, 9-12; 5:36-37; 12:46-50
Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».

Proverbi 6:23
Il precetto è infatti una lampada,
l'insegnamento una luce,
le correzioni e la disciplina sono la via della vita,

Salmi 36:9
Poiché in te è la fonte della vita
e per la tua luce noi vediamo la luce.

Salmi 27:1
Il trionfo della fede
Sl 3; 4; Ro 8:31, ecc.
Di Davide.
Il SIGNORE è la mia luce e la mia salvezza;
di chi temerò?
Il SIGNORE è il baluardo della mia vita;
di chi avrò paura?

Romani 3:29
Dio è forse soltanto il Dio dei Giudei? Non è egli anche il Dio degli altri popoli? Certo, è anche il Dio degli altri popoli,

Marco 3:29
ma chiunque avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non ha perdono in eterno, ma è reo di un peccato eterno».
Luca 12:10
E chiunque parlerà contro il Figlio dell'uomo, sarà perdonato; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Romani 2:24
Infatti, com'è scritto:
«Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra fra gli stranieri».
Luca 12
Istruzioni varie di Gesù; il peccato imperdonabile; la bestemmia contro lo Spirito Santo
1 Nel frattempo la gente si era riunita a migliaia, così da calpestarsi gli uni gli altri. Allora Gesù cominciò a dire prima di tutto ai suoi discepoli: «Guardatevi dal lievito dei farisei, che è ipocrisia. 2 Ma non c'è niente di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. 3 Perciò tutto quello che avete detto nelle tenebre, sarà udito nella luce; e quel che avete detto all'orecchio nelle stanze interne, sarà proclamato sui tetti. 4 Ma a voi, che siete miei amici, io dico: non temete quelli che uccidono il corpo ma, oltre a questo, non possono fare di più. 5 Io vi mostrerò chi dovete temere. Temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella geenna. Sì, vi dico, temete lui. 6 Cinque passeri non si vendono per due soldi? Eppure non uno di essi è dimenticato davanti a Dio; 7 anzi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi valete più di molti passeri.
8 Or io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo riconoscerà lui davanti agli angeli di Dio; 9 ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Il capitolo chiave del Nuovo Testamento per il concetto cristiano della Nuova Alleanza è Ebrei capitolo 8, una parte del quale è citata di seguito:

Ma ora Gesù ha ottenuto un ministero superiore, poiché anche l'alleanza che egli media è migliore e si attua su migliori promesse. Perché se quel primo patto fosse stato impeccabile, non ci sarebbe stata occasione di cercarne un secondo. Poiché egli trova da ridire su di loro quando dice: "Ecco, i giorni stanno arrivando, dichiara il Signore, quando stabilirò una nuova alleanza con la casa d'Israele e con la casa di Giuda, non come l'alleanza che ho fatto con i loro padri il giorno in cui li ho presi per mano per portarli fuori dal paese d'Egitto. Poiché non continuarono nella mia alleanza, e così non mostrai alcuna preoccupazione per loro, dichiara il Signore. Perché questa è l'alleanza che farò con il casato d'Israele dopo quei giorni, dichiara il Signore: metterò le mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori, e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. E non insegneranno, a ciascuno il suo prossimo e a ciascuno il suo fratello, dicendo: 'Conosci il Signore', perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo di loro al più grande. Poiché sarò misericordioso verso le loro iniquità e non ricorderò più i loro peccati". Parlando di una nuova alleanza, rende obsoleta la prima. E ciò che sta diventando obsoleto e invecchiando è pronto a svanire.

— Ebrei 8:6–13
Questa citazione completa, con citazioni parziali dello stesso testo in altri passaggi del Nuovo Testamento, riflette che gli autori del Nuovo Testamento e i leader cristiani in generale considerano Geremia 31:31–34 come una profezia centrale dell'Antico Testamento del Nuovo Patto. [9] Ecco il testo chiave:

"Ecco, i giorni stanno arrivando, dichiara il Signore, quando farò una nuova alleanza con il casato d'Israele e la casa di Giuda, non come l'alleanza che ho fatto con i loro padri il giorno in cui li ho presi per mano per portarli fuori dal paese d'Egitto, la mia alleanza che hanno infranto, sebbene fossi il loro marito, dichiara il Signore. Perché questa è l'alleanza che farò con la casa d'Israele dopo quei giorni, dichiara il Signore: metterò la mia legge dentro di loro, e la scriverò nei loro cuori. E io sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. E nessuno insegnerà più al prossimo e a ciascuno il fratello, dicendo: 'Conosci il Signore', perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo dei quali al più grande, dichiara il Signore. Poiché perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato".

— Geremia 31:31–34
https://en.wikipedia.org/wiki/New_Covenant
La parola dharma ha radici nel sanscrito dhr-, che significa tenere o sostenere, ed è legata al latino firmus (fermo, stabile). [19] Da ciò, prende il significato di "ciò che è stabilito o fermo", e quindi di "legge". Deriva da un più antico sanscrito vedico n-stem dharman-, con un significato letterale di "portatore, sostenitore", in senso religioso concepito come un aspetto di Rta. [20]

Nel Rigveda, la parola appare come un n-stelo, dhárman-, con una gamma di significati che comprendono "qualcosa di stabilito o fermo" (nel senso letterale di pungoli o pali). In senso figurato, significa "sostenitore" e "sostenitore" (delle divinità). È semanticamente simile al greco themis ("decreto fisso, statuto, legge"). [21]

Nel sanscrito classico, e nel sanscrito vedico dell'Atharvaveda, il gambo è tematico: dhárma- (Devanāgarī: धर्म). In Prakrit e Pāli, è reso dhamma. In alcune lingue e dialetti indiani contemporanei si presenta alternativamente come dharm.

Nel 3 ° secolo aC l'imperatore Mauryan Ashoka tradusse il dharma in greco e aramaico usò la parola greca eusebeia (εὐσέβεια, pietà, maturità spirituale o pietà) nell'iscrizione rupestre bilingue di Kandahar e negli editti greci di Kandahar. [22] Nell'iscrizione rupestre bilingue di Kandahar usò la parola aramaica קשיטא (qšyṭ'; verità, rettitudine).
Ci sono stati numerosi e contrastanti tentativi di tradurre l'antica letteratura sanscrita con la parola dharma in tedesco, inglese e francese. Il concetto, sostiene Paul Horsch,[26] ha causato difficoltà eccezionali per i commentatori e i traduttori moderni. Ad esempio, mentre la traduzione di Grassmann[27] del Rig-Veda identifica sette diversi significati del dharma, Karl Friedrich Geldner nella sua traduzione del Rig-Veda impiega 20 diverse traduzioni per il dharma, inclusi significati come "legge", "ordine", "dovere", "consuetudine", "qualità" e "modello", tra gli altri. [26] Tuttavia, la parola dharma è diventata un prestito ampiamente accettato in inglese, ed è inclusa in tutti i moderni dizionari inglesi integrali.

La radice della parola dharma è "dhri", che significa "sostenere, tenere o sopportare". È la cosa che regola il corso del cambiamento non partecipando al cambiamento, ma quel principio che rimane costante. [28] Monier-Williams, la risorsa ampiamente citata per le definizioni e la spiegazione delle parole e dei concetti sanscriti dell'induismo, offre[29] numerose definizioni della parola dharma, come quella che è stabilita o ferma, decreto costante, statuto, legge, pratica, consuetudine, dovere, diritto, giustizia, virtù, moralità, etica, religione, merito religioso, buone opere, natura, carattere, qualità, proprietà. Tuttavia, ognuna di queste definizioni è incompleta, mentre la combinazione di queste traduzioni non trasmette il senso totale della parola. Nel linguaggio comune, dharma significa "retto modo di vivere" e "sentiero della rettitudine". [28]

Il significato della parola dharma dipende dal contesto e il suo significato si è evoluto man mano che le idee dell'induismo si sono sviluppate nel corso della storia. Nei primi testi e negli antichi miti dell'induismo, dharma significava legge cosmica, le regole che hanno creato l'universo dal caos, così come i rituali; nei successivi Veda, Upanishad, Purana e l'Epica, il significato divenne raffinato, più ricco e più complesso, e la parola fu applicata a diversi contesti. [17] In certi contesti, il dharma designa comportamenti umani considerati necessari per l'ordine delle cose nell'universo, principi che impediscono il caos, comportamenti e azioni necessari a tutta la vita in natura, società, famiglia e a livello individuale. [12][17][30][nota 1] Il Dharma comprende idee come il dovere, i diritti, il carattere, la vocazione, la religione, i costumi e tutti i comportamenti considerati appropriati, corretti o moralmente retti. [31]

Il contrario del dharma è adharma (sanscrito: अधर्म),[32] che significa ciò che "non è dharma". Come per il dharma, la parola adharma include e implica molte idee; nel linguaggio comune, adharma significa ciò che è contro natura, immorale, non etico, sbagliato o illegale. [33]

Nel buddismo, il dharma incorpora gli insegnamenti e le dottrine del fondatore del buddismo, il Buddha.
Dharma e parole correlate si trovano nella più antica letteratura vedica dell'induismo, nei successivi Veda, Upanishad, Purana e Epiche; la parola dharma gioca anche un ruolo centrale nella letteratura di altre religioni indiane fondate in seguito, come il buddismo e il giainismo. [17] Secondo Brereton,[38] Dharman ricorre 63 volte nel Rig-veda; inoltre, le parole relative al Dharman appaiono anche nel Rig-veda, per esempio una volta come dharmakrt, 6 volte come satyadharman, e una volta come dharmavant, 4 volte come dharman e due volte come dhariman.

I paralleli indoeuropei per "dharma" sono noti, ma l'unico equivalente iraniano è l'antico persiano darmān "rimedio", il cui significato è piuttosto rimosso dall'indo-ariano dhárman, suggerendo che la parola "dharma" non ha avuto un ruolo importante nel periodo indo-iraniano, ed è stata principalmente sviluppata più recentemente sotto la tradizione vedica. [38] Tuttavia, si pensa che la Daena dello zoroastrismo, che significa anche "legge eterna" o "religione", sia correlata al sanscrito "dharma".
Rta, maya e dharma
La letteratura in evoluzione dell'induismo collegava il dharma ad altri due concetti importanti: Ṛta e Māyā. Ṛta nei Veda è la verità e il principio cosmico che regola e coordina il funzionamento dell'universo e di tutto ciò che è al suo interno. Māyā nel Rig-veda e nella letteratura successiva significa illusione, frode, inganno, magia che inganna e crea disordine, quindi è contraria alla realtà, alle leggi e alle regole che stabiliscono ordine, prevedibilità e armonia. Paul Horsch[26] suggerisce che Ṛta e dharma sono concetti paralleli, il primo è un principio cosmico, il secondo è di sfera sociale morale; mentre Māyā e dharma sono anche concetti correlativi, il primo è ciò che corrompe la legge e la vita morale, il secondo è ciò che rafforza la legge e la vita morale. [43][45]

Day propone che il dharma sia una manifestazione di Ṛta, ma suggerisce che Ṛta potrebbe essere stato sussunto in un concetto più complesso di dharma, poiché l'idea si è sviluppata nell'antica India nel tempo in modo non lineare. [46] Il seguente versetto del Rigveda è un esempio in cui rta e dharma sono collegati:

O Indra, guidaci sulla via di Rta, sulla retta via di tutti i mali...

— RV 10.133.6
Il Dharma è un principio organizzativo nell'induismo che si applica agli esseri umani in solitudine, nella loro interazione con gli esseri umani e la natura, così come tra oggetti inanimati, a tutto il cosmo e alle sue parti. [28] Si riferisce all'ordine e ai costumi che rendono possibile la vita e l'universo, e include comportamenti, rituali, regole che governano la società e l'etica. [12][nota 1] Il dharma indù include i doveri religiosi, i diritti morali e i doveri di ogni individuo, così come i comportamenti che consentono l'ordine sociale, la retta condotta e quelli che sono virtuosi. [47] Il Dharma, secondo Van Buitenen,[48] è ciò che tutti gli esseri esistenti devono accettare e rispettare per sostenere l'armonia e l'ordine nel mondo. Non è né l'atto né il risultato, ma le leggi naturali che guidano l'atto e creano il risultato per prevenire il caos nel mondo. È una caratteristica innata, che rende l'essere quello che è. È, sostiene Van Buitenen, la ricerca e l'esecuzione della propria natura e della vera chiamata, svolgendo così il proprio ruolo nel concerto cosmico. Nell'induismo, è il dharma dell'ape per fare il miele, della mucca per dare il latte, del sole per irradiare il sole, del fiume per scorrere. [48] In termini di umanità, il dharma è la necessità, l'effetto e l'essenza del servizio e dell'interconnessione di tutta la vita. [28][40]

Nella sua vera essenza, dharma significa per un indù "espandere la mente". Inoltre, rappresenta la connessione diretta tra l'individuo e i fenomeni sociali che legano insieme la società. Nel modo in cui i fenomeni sociali influenzano la coscienza dell'individuo, allo stesso modo le azioni di un individuo possono alterare il corso della società, nel bene e nel male. Questo è stato sottilmente riecheggiato dal credo धर्मो धारयति प्रजा: il significato di dharma è ciò che tiene e fornisce supporto al costrutto sociale.

Nell'induismo, il dharma generalmente include vari aspetti:

Sanātana dharma, i principi eterni e immutabili del dharma. [49]
Varṇ āśramā dharma, il proprio dovere in fasi specifiche della vita o doveri intrinseci. [50]
Sav dharma, il proprio dovere individuale o personale. [51][10]
Āpad dharma, dharma prescritto al tempo delle avversità. [10]
Sadharana dharma, doveri morali indipendentemente dalle fasi della vita. [52][nota 3]
Yuga dharma, dharma che è valido per uno yuga, un'epoca o un'epoca come stabilito dalla tradizione indù e quindi può cambiare alla fine del suo tempo. [11][54]
Nei Veda e nelle Upanishad
La sezione di storia di questo articolo discute lo sviluppo del concetto di dharma nei Veda. Questo sviluppo continuò nelle Upanishad e in seguito nelle antiche scritture dell'induismo. Nelle Upanishad, il concetto di dharma continua come principio universale di legge, ordine, armonia e verità. Agisce come il principio morale regolatore dell'Universo. È spiegata come legge di giustizia ed equiparata a satya (sanscrito: सत्यं, verità),[55][56] nell'inno 1.4.14 di Brhadaranyaka Upanishad, come segue:

धर्मः तस्माद्धर्मात् परं नास्त्य् अथो अबलीयान् बलीयाँसमाशँसते धर्मेण यथा राज्ञैवम् ।
यो वै स धर्मः सत्यं वै तत् तस्मात्सत्यं वदन्तमाहुर् धर्मं वदतीति धर्मं वा वदन्तँ सत्यं वदतीत्य् एतद्ध्येवैतदुभयं भवति ।।

Niente è più alto del dharma. Il debole vince il più forte con il dharma, come sopra un re. Veramente che il dharma è la Verità (Satya); Pertanto, quando un uomo dice la Verità, dice: "Egli parla il Dharma"; e se parla di Dharma, dicono: "Egli dice la Verità!" Perché entrambi sono uno.

— Brihadaranyaka Upanishad, 1.4.xiv

In sanscrito, Sanātana Dharma si traduce approssimativamente in "legge eterna" o, meno letteralmente, "via eterna". [4] In Pali, il termine equivalente è Dhammo Sanātano (धम्मो सनन्तनो). [4] In hindi, il sanscrito tatsama dharm धर्म viene usato come "religione"[5] (सनातन धर्म) si traduce approssimativamente in "religione eterna".

Dharma è spesso tradotto come "dovere", "religione" o "dovere religioso", ma ha un significato più profondo. La parola deriva dalla radice sanscrita "dhri" che significa "sostenere" o "ciò che è parte integrante di qualcosa" (ad esempio il dharma dello zucchero è essere dolce, il fuoco essere caldo). Il dharma di una persona consiste in doveri che la sostengono secondo le sue caratteristiche innate che sono sia spirituali che materiali, generando due tipi corrispondenti:[6]

Sanatana-dharma – doveri svolti secondo la propria identità spirituale (costituzionale) come atman (Sé) e sono quindi gli stessi per tutti. I doveri generali includono virtù come l'onestà, l'astenersi dal ferire gli esseri viventi, la purezza, la buona volontà, la misericordia, la pazienza, la tolleranza, l'autocontrollo, la generosità e l'ascetismo. [1]
Varnashrama-dharma (a.k.a. Svadharma) – doveri svolti secondo la propria natura materiale (condizionale) e sono specifici per l'individuo in quel particolare momento. Il "proprio dovere" in base alla propria classe o casta e fase della vita dovrebbe vincere quando si è in conflitto con il Sanatana-dharma (ad esempio un guerriero che ferisce gli altri come spiegato nella Bhagavad Gita). [1]
Secondo la nozione di sanatana-dharma, l'inclinazione eterna e intrinseca dell'essere vivente (atman) è quella di eseguire seva (servizio). Sanatana-dharma, essendo trascendentale, si riferisce a leggi universali e assiomatiche che sono al di là dei nostri sistemi di credenze temporanee
https://en.wikipedia.org/wiki/San%C4%81tana_Dharma#Sanatana_dharma
https://en.wikipedia.org/wiki/Puru%E1%B9%A3%C4%81rtha

La legge indù, come termine storico, si riferisce al codice di leggi applicate a indù, buddisti, giainisti e sikh nell'India britannica. [1][2][3] Il diritto indù, nella moderna erudizione, si riferisce anche alla teoria giuridica, alla giurisprudenza e alle riflessioni filosofiche sulla natura del diritto scoperte nei testi indiani dell'era antica e medievale. [4] È una delle più antiche teorie giurisprudenziali conosciute al mondo. [4][5]

La tradizione indù, nei suoi testi antichi sopravvissuti, non esprime universalmente la legge nel senso canonico di ius o di lex. [6] Il termine antico nei testi indiani è Dharma, che significa più di un codice di legge, anche se raccolte di massime legali sono state compilate in opere come il Nāradasmṛti. [7][8] Il termine "legge indù" è una costruzione coloniale,[9] ed è emerso dopo che il dominio coloniale è arrivato in Asia meridionale, e quando nel 1772 è stato deciso dai funzionari coloniali britannici, che il sistema europeo di common law non sarebbe stato implementato in India, che gli indù dell'India sarebbero stati governati sotto la loro "legge indù" e i musulmani dell'India sarebbero stati governati sotto la "legge musulmana" (Sharia). [6][10]

La sostanza della legge indù attuata dagli inglesi derivava da un Dharmaśāstra chiamato Manusmriti, uno dei tanti trattati (śāstra) sul Dharma. [11] Gli inglesi, tuttavia, scambiarono il Dharmaśāstra come codici di legge e non riconobbero che questi testi sanscriti non furono usati come dichiarazioni di diritto positivo fino a quando i funzionari coloniali britannici non scelsero di farlo. [6][11] Piuttosto, Dharmaśāstra conteneva un commento giurisprudenziale, cioè una riflessione teorica sulla legge pratica, ma non una dichiarazione della legge del paese in quanto tale. [12] Gli studiosi hanno anche messo in dubbio l'autenticità e la corruzione nel manoscritto Manusmriti usato per derivare la legge indù dell'era coloniale. [13]

Nel contesto della storia coloniale, la costruzione e l'attuazione della legge indù e della legge islamica è stato un tentativo di "pluralismo legale" durante l'era coloniale britannica, in cui le persone nella stessa regione erano soggette a diverse leggi civili e penali basate sulla religione del querelante e dell'imputato. [14][15] Gli studiosi di diritto affermano che questo ha diviso la società indiana e che la legge e la politica indiane da allora hanno vacillato tra "pluralismo legale - la nozione che la religione è l'unità di base della società e le diverse religioni devono avere diritti e obblighi legali diversi" e "universalismo legale - la nozione che gli individui sono l'unità di base della società e tutti i cittadini devono avere diritti e obblighi legali uniformi"
https://en.wikipedia.org/wiki/Hindu_law
Nell'induismo, la legge è discussa come un sottoinsieme del dharma che indica comportamenti che sono considerati in accordo con rta, l'ordine che rende possibile la vita e l'universo,[16][nota 1] e include doveri, diritti, leggi, condotta, virtù e ''giusto modo di vivere''. [7][17] Il concetto di Dharma include la legge indù. [8]

Negli antichi testi dell'induismo, il concetto di dharma incorpora i principi di legge, ordine, armonia e verità. È spiegata come la legge necessaria della vita ed equiparata a satya (sanscrito: सत्यं, verità),[18][19] nell'inno 1.4.14 di Brhadaranyaka Upanishad, come segue:

धर्मः तस्माद्धर्मात् परं नास्त्य् अथो अबलीयान् बलीयाँसमाशँसते धर्मेण यथा राज्ञैवम् ।
यो वै स धर्मः सत्यं वै तत् तस्मात्सत्यं वदन्तमाहुर् धर्मं वदतीति धर्मं वा वदन्तँ सत्यं वदतीत्य् एतद्ध्येवैतदुभयं भवति ।।

Niente è più alto del Dharma. Il debole vince il più forte con il Dharma, come su un re. Veramente che il Dharma è la Verità (Satya); Pertanto, quando un uomo dice la Verità, dice: "Egli parla il Dharma"; e se parla di Dharma, dicono: "Egli dice la Verità!" Perché entrambi sono uno.

— Brihadaranyaka Upanishad, 1.4.xiv[18][19]
Gli Śruti sono stati considerati l'autorità nel Dharma indù. [nota 2] Gli Smritis, come Manusmriti, Naradasmriti e Parashara Smriti, contribuiscono all'esposizione del Dharma indù ma sono considerati meno autorevoli degli Śrutis (il corpus vedico che include le prime Upanishad). [32][nota 3] I testi radice dell'antica giurisprudenza e legge indù sono i Dharma-sūtra. Questi esprimono che shruti, Smriti e Achara sono fonti di giurisprudenza e diritto. [34] La precedenza di queste fonti è dichiarata nei versetti iniziali di ciascuno dei Dharma-sūtra conosciuti e sopravvissuti. Ad esempio,[34]

La fonte del Dharma è il Veda, così come la tradizione [Smriti], e la pratica di coloro che conoscono i Veda. – Gautama Dharma-sūtra 1.1-1.2

Il Dharma è insegnato in ogni Veda, in base al quale lo spiegheremo. Ciò che è dato nella tradizione [Smriti] è il secondo, e le convenzioni delle persone colte sono il terzo. – Baudhayana Dharma-sūtra 1.1.1-1.1.4

Il Dharma è esposto nei Veda e nei Testi Tradizionali [Smriti]. Quando questi non affrontano un problema, la pratica delle persone colte diventa autorevole. – Vāsiṣṭha Dharma-sūtra 1.4-1.5

— Tradotto da Donald Davis, The Spirit of Hindu Law[34]
Gli Smritis, come Manusmriti, Naradasmriti, Yajnavalkya Smrti e Parashara Smriti, ampliarono questa definizione come segue:

वेदोऽखिलो धर्ममूलं स्मृतिशीले च तद्विदाम् । आचारश्चैव साधूनामात्मनस्तुष्टिरेव च ॥

Traduzione 1: L'intero Veda è la (prima) fonte della legge sacra, poi la tradizione e la condotta virtuosa di coloro che conoscono il (Veda ulteriormente), anche i costumi dei santi uomini e (infine) l'autocompiacimento (Atmanastushti). [35]
Traduzione 2: La radice della religione è l'intero Veda, e (poi) la tradizione e i costumi di coloro che conoscono (i Veda), e la condotta delle persone virtuose, e ciò che è soddisfacente per se stessi. [36]

— Manusmriti 2,6
वेदः स्मृतिः सदाचारः स्वस्य च प्रियमात्मनः । एतच्चतुर्विधं प्राहुः साक्षाद् धर्मस्य लक्षणम् ॥

Traduzione 1: I Veda, la sacra tradizione, i costumi degli uomini virtuosi e il proprio piacere, dichiarano di essere il quadruplice mezzo per definire la legge sacra. [35]
Traduzione 2: I Veda, la tradizione, la condotta delle brave persone e ciò che è gradito a se stessi – dicono che è il quadruplo segno della religione. [36]

— Manusmriti 2,12
Come fonte di Dharma, solo tre dei quattro tipi di testi nei Veda hanno precetti comportamentali. Note di Lingat (abbreviate),[37]

Per gli indù ogni credenza prende la sua fonte e la sua giustificazione nei Veda [Śruti]. Di conseguenza ogni regola del dharma deve trovare il suo fondamento nei Veda. A rigor di termini, i Samhita non includono nemmeno un singolo precetto che potrebbe essere usato direttamente come regola di condotta. Si possono trovare solo riferimenti all'uso che rientra nell'ambito del dharma. Al contrario, i Brahmana, gli Aranyaka e le Upanishad contengono numerosi precetti che propongono regole che governano il comportamento.

— Robert Lingat[37]
Bilimoria afferma che il ruolo di Shruti nel Dharma indù è stato ispirato dalla "credenza in un ordine cosmico naturale superiore (Rta seguito dal concetto di Dharma) che regola l'universo e fornisce la base per la sua crescita, fioritura e sostentamento – sia quello degli dei, degli esseri umani, degli animali e delle eco-formazioni". [38]

Levinson afferma che il ruolo di Shruti e Smriti nella legge indù è come fonte di guida, e la sua tradizione coltiva il principio che "i fatti e le circostanze di ogni caso particolare determinano ciò che è buono o cattivo". [39] I successivi testi indù includono quattro fonti di Dharma, afferma Levinson, che includono Atmanastushti (soddisfazione della propria coscienza), Sadachara (norme locali di individui virtuosi), Smriti e Sruti
https://en.wikipedia.org/wiki/%C5%9A%C4%81stra_pram%C4%81%E1%B9%87am_in_Hinduism
https://en.wikipedia.org/wiki/Smriti
https://en.wikipedia.org/wiki/%C5%9Aruti
https://en.wikipedia.org/wiki/Dharma%C5%9B%C4%81stra

Il sostantivo sanscrito dharma (थर्म) è una derivazione dalla radice dhṛ 'tenere, mantenere, mantenere',[4] e significa 'ciò che è stabilito o fermo' e quindi 'legge'. Deriva dal sanscrito vedico n-stem dharman, con il significato di "portatore, sostenitore" nella religione vedica storica concepita come un aspetto di Ṛta
Nel buddismo, il Chakra del Dharma è ampiamente usato per rappresentare il Dharma del Buddha (l'insegnamento del Buddha e l'ordine morale universale), gautama Buddha stesso e il cammino del sentiero verso l'illuminazione, fin dai tempi del buddismo primitivo. [10][1][nota 1] Il simbolo è anche talvolta collegato alle Quattro Nobili Verità, al Nobile Ottuplice Sentiero e all'Origine Dipendente. Il dharmachakra pre-buddista (Pali: dhammacakka) è considerato uno degli ashtamangala (segni di buon auspicio) nell'induismo e nel buddismo e spesso usato come simbolo di entrambe le fedi. [11][nota 2] È uno dei più antichi simboli indiani conosciuti trovati nell'arte indiana, apparso con la prima iconografia indiana sopravvissuta alla civiltà post-valle dell'Indo al tempo del re buddista Ashoka. [10][10][nota 1]

Si dice che il Buddha abbia messo in moto la "ruota del dharma" quando pronunciò il suo primo sermone,[12] che è descritto nel Dhammacakkappavattana Sutta. Questo "giro di ruota" significa un grande e rivoluzionario cambiamento dalle conseguenze universali, determinato da un essere umano eccezionale. Il buddismo adottò la ruota come simbolo dall'idea mitica indiana del re ideale, chiamato chakravartin ("gira-ruota", o "monarca universale"),[7][12] che si diceva possedesse diversi oggetti mitici, tra cui la ratana cakka (la ruota ideale). Il Mahā Sudassana Sutta del Digha Nikaya descrive questa ruota come avente una navata (nābhi), mille raggi (sahassārāni) e un felly (nemi), che sono tutti perfetti sotto ogni aspetto. [9] Si diceva che Siddhartha Gautama fosse un "mahapurisa" (grande uomo) che avrebbe potuto scegliere di diventare un re che girava la ruota, ma invece divenne la controparte spirituale di un tale re, una ruota che girava saggio, cioè un Buddha.

Adharma[1] è l'antonimo sanscrito del dharma. Significa "ciò che non è in accordo con il dharma". Le connotazioni includono tradimento, discordia, disarmonia, innaturalità, torto, male, immoralità, ingiustizia, malvagità e vizio
https://en.wikipedia.org/wiki/Adharma
Adharma (sanscrito: अधर्म) deriva dalla combinazione di "a" con "dharma", che implica letteralmente "non-dharma". Significa immorale, peccaminoso, sbagliato, malvagio, ingiusto, squilibrato o innaturale. [3]

Secondo il versetto 6.1.40 di Bhagavata Purana, lo Yamaduta rispose: i principi religiosi prescritti nei Veda costituiscono come Dharma, e quelli che non lo sono costituiscono come Adharma. [4]

Ariel Glucklich traduce Adharma come caos, disordine, non armonioso e lo spiega come opposto al Dharma. [5] Glucklich afferma che l'adharma non è l'opposto binario del Dharma o assolutamente non etico nella filosofia indiana. Piuttosto è un termine soggettivo funzionale complesso proprio come dharma, con sfumature di significato, che dipende dalle circostanze, dallo scopo e dal contesto. [6]

Gene F. Collins Jr. definisce Adharma come irreligiosità. Gene afferma che è qualcosa di contrario alle leggi dell'esistenza. Secondo lui, sono quelle azioni che sono contrarie al proprio Dharma. Tutto ciò che facilita la crescita spirituale è il Dharma, e tutto ciò che impedisce la crescita spirituale è l'Adharma. Seguire un percorso adharmico significa agire su tre vizi, che sono, orgoglio, contatto e intossicazione. Secondo lui, la fede cieca senza riguardo per la comprensione spirituale è adharma. Seguire il sentiero dell'Adharma può portare a un cattivo futuro.
Ma per i codardi, gl'increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda».Apocalisse 21:8
IL NEOPAGANESIMO E LA MASSONERIA NON SONO RELIGIONI MA UN CULTO SCAM DI TRUFFATORI E UNA SETTA SATANICA...IO NON FACCIO QUESTE COSE OVVIAMENTE E NON SONO MASSONE O ISCRITTO IN QUALCHE ALTRA ASSOCIAZIONE DOVE FANNO GIURAMENTI QUINDI NON DEVO RENDERE CONTO A NESSUN UOMO MA RENDO CONTO A DIO...E QUINDI SPUTTANO E PRENDO SPUDORATAMENTE PER IL CULO APPOSTA QUESTA GENTE DI MERDA CHE FANNO QUESTE COSE
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Playlist da vedere sulla zizzania appunto o chiamati anche i pesci marci e la feccia massonica siosatanista ebraica di truffatori e ciarlatani di primissimo livello e maestri del nulla
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Romani 1
I peccati dei pagani
18 L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia; 19 poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; 20 infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, 21 perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato come Dio, né lo hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d'intelligenza si è ottenebrato. 22 Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, 23 e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
24 Per questo Dio li ha abbandonati all'impurità, secondo i desideri dei loro cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi; 25 essi, che hanno mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen.
26 Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno cambiato l'uso naturale in quello che è contro natura; 27 similmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti infami, ricevendo in loro stessi la meritata ricompensa del proprio traviamento.
28 Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati

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