Argentina contro FMI

2 years ago
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Quando nel 1946 Juan Domingo Perón arrivò al potere in Argentina, la prima visita ufficiale che ricevette fu quella di Camille Gutt. L’allora presidente del Fondo Monetario Internazionale invitò Buenos Aires a diventare membro di questo nuovo organismo, nato un anno prima dagli accordi di Bretton Woods. Perón ci pensò su, parlò con i suoi consiglieri e infine decise di rifiutare l’offerta, essendo arrivato alla conclusione che l’FMI era semplicemente un nuovo strumento imperialista messo in piedi per controllare i paesi più poveri attraverso il debito.
Dieci anni più tardi, fu un golpe militare a consegnare Buenos Aires fra le braccia del Fondo Monetario Internazionale. Ciononostante, quello che 75 anni fa Perón pensava dell’FMI è sostanzialmente ciò che continua a pensare buona parte della società argentina che, proprio in questi giorni, ha riempito le strade della capitale per respingere l’ennesimo rifinanziamento del debito. "Torniamo in piazza per dire no all'accordo con il Fondo Monetario, le cui condizioni metteranno il popolo alla fame", ha dichiarato Cele Fierro, leader nazionale del Movimento Socialista dei Lavoratori, una delle oltre 100 organizzazioni sociali, politiche, studentesche e sindacali che hanno indetto la protesta.
Secondo quanto concordato tre anni fa, l’Argentina dovrebbe pagare all’FMI oltre 40 miliardi di dollari nei prossimi 3 anni, un impegno che il Governo di Alberto Fernández ha già detto di non poter sostenere. Da lì la necessità di rinegoziare il debito per l’ennesima volta, anche se ciò implica condizioni di austerità sempre più dure. È un po’ come se Buenos Aires fosse vittima di un usuraio, del cui denaro ha bisogno, ma le cui condizioni non è in grado di rispettare.
Il circolo vizioso del debito perenne, su cui si fonda buona parte del sistema capitalistico attuale, è dunque un vicolo cieco per Buenos Aires, intrappolato fra la necessità di avere liquidità e quella di dover assecondare le esigenze di chi presta i soldi. Un meccanismo che ha stufato gli argentini, che giusto 20 anni fa si videro bloccare i propri conti correnti in quello che è rimasto alla Storia come il Corralito del 2001. Uno scenario che molti temono possa ripetersi oggi, come dimostrano le migliaia di manifestanti scesi in piazza a Buenos Aires

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