La nostra intervista a Vera Sharav. "Il green pass ha un parallelo diretto con l'Olocausto"

2 years ago
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Abbiamo intervistato Vera Sharav. L’importanza di questa intervista è capitale. Vera Sharav è una sopravvissuta all’Olocausto.

Vera Sharav era una bambina quando una delle più grandi tragedie dell’umanità venne commessa ai danni non solo degli ebrei, ma anche degli zingari, degli omosessuali, degli intellettuali dissidenti. E Vera Sharav venne deportata insieme alla famiglia in un campo di concentramento.

Le parole di Vera Sharav arrivano come macigni per un’umanità che sembra aver dimenticato il suo passato.

Dalla grande tragedia che colpì la nostra Europa non sono nemmeno passati cento anni. Ottanta per la precisione.

Che cosa ottenebra la mente di molti uomini e donne?

Perché anche soltanto a sentirne parlare certi individui inorridiscono e mostrano una rabbia incontenibile?

Perché l’Olocausto è così un feticcio? Perché non ne possiamo liberamente parlare?

Che cosa abbiamo paura di ritrovare nel nostro passato?

Siamo esenti da nuove tragedie?

Siamo esenti da nuovi genocidi?

Si discriminano le persone solo per il colore della pelle o per l’appartenenza razziale?

Domanda imperativa: perché si discriminano le persone?

Mi chiedo ora: se veramente c’è una pandemia incontrollabile, per cui non ci sono cure e a causa della quale le persone muoiono come mosche, perché non unirsi per superarla? La discriminazione come rimedio a una pandemia? Non la quarantena dei malati, ma la discriminazione dei sani.

Siamo sicuri che discriminare i sani che non si vogliono vaccinare sia la strada giusta da percorrere per vincere questa che viene tanto alacremente definita una guerra, meglio ancora la guerra contro il virus?

E’ veramente molto facile considerare tutti malati fino a prova contraria, senza provare a capire la vera natura della malattia, senza provare a capirne la letalità, la mortalità, senza dialogare con i medici, gli scienziati, i ricercatori che ci avvertono che forse ci sono altre vie per superare la pandemia.

Perché solo una parte della comunità scientifica (se così possiamo definirla – concedetecelo) può parlare liberamente? Perché chiunque osi mettere in dubbio i vaccini, viene tacciato di sedizione contro lo stato e contro l’armonia sociale?

Perché chiunque provi a richiamare la storia e i pericoli che essa proietta nel presente, viene accusato di essere un folle, un ignorante, un complottista e di non credere nella scienza?

A che cosa serve il tanto celebrato Giorno della Memoria se quando ci viene chiesto di ricordare non lo facciamo?

Ora per par condicio, lascerò il link all’intervento di Lilliana Segre che la pensa in maniera diametralmente opposta a Vera Sharav.

https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Liliana-Segre-follia-paragonare-i-vaccini-alla-Shoah-74b7b0a9-4fcb-4d35-9551-7c6aa7da5863.html

Non giudicherò Lilliana Segre. Non mi permetterei mai.

Come abbiamo dato voce a Liliana Segre, perché non darla a Vera Sharav? Come abbiamo ascoltato con vivo interesse la memoria di Lilliana Segre, talvolta anche con sincera preoccupazione, perché non ritenere opportune anche le parole di Vera Sharav?

Entrambe vissero in età infantile una tragedia, qualcosa che ora definiremmo come uno shock.

Tutti gli shock sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri?

Ascoltate le parole di una grande donna, la cui onestà intellettuale è un dono raro in un mondo in cui tutto è inganno.

Ringraziamo Vera Sharav per questa intervista, forse la più importante finora fatta, per il suo coraggio e per il lavoro che fa.

Per maggiori informazioni su Vera Sharav e sulla sua organizzazione, la ALLIANCE FOR HUMAN RESEARCH PROTECTION cliccate qui:

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