La democrazia francese perde pezzi
La democrazia è stata la prima vera vittima delle elezioni regionali francesi, alle quali ha partecipato meno di un cittadino su tre. Il 33% di elettori che si sono scomodati per andare alle urne segna infatti la percentuale di affluenza più bassa di sempre nel paese transalpino. Un'astensione definita "preoccupante" dallo stesso Governo, anche se molti analisti hanno preferito parlare di un "disastro civico" senza precedenti. Il disinteresse dei cittadini non è stato infatti l'unico problema. In molti seggi si sono registrati disservizi di ogni tipo, dalla mancanza di schede elettorali alla difficoltà di reperire scrutatori, passando per centri di votazione che hanno chiuso i battenti prima dell’orario previsto.
"Nessuno può tirare fuori lo champagne stasera", ha dichiarato il portavoce del Governo, Gabriel Attal. Sicuramente non festeggerà il suo capo, Emmanuel Macron, in netta crisi di consensi. La sua formazione ha raggranellato la metà dei voti ottenuti alle elezioni europee di due anni fa, attestandosi sull'11%. In leggero calo anche il partito di Marine Le Pen, che porta comunque a casa il 19% dei voti. Risalgono invece i socialisti e i loro alleati, al 18%. Non un risultato eccezionale per questo storico partito, che riesce però a triplicare il risultato ottenuto nel 2019. I veri vincitori sono però i gollisti della destra tradizionale, che con l'etichetta di Repubblicani sono arrivati al 27% delle preferenze. Risultati che potrebbero in parte essere ribaltati al ballottaggio, dove le alleanze politiche saranno decisive per stabilire i nuovi equilibri politici. Ma la domanda, a questo punto, è se il secondo turno riuscirà a risvegliare l’elettorato francese dal torpore democratrico in cui sembra essere caduto.
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