La mia RiEvoluzione - Parte 6

3 years ago
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Oggi non si cessa di reclamare tutti i tipi di libertà:
libertà della parola, della stampa. Di coscienza, di riunione, di associazione,
di lavoro, dei modi di elezione ecc. Ciò dimostra che ci si è fatti un’idea
sbagliata, particolarmente tra i nostri rivoluzionari, della libertà in
generale. Semplicemente, e comprensibile a tutti, la libertà non può imporre
tali atti piuttosto che altri, e che possono essere in contrasto con i nostri
desideri o i nostri interessi. Questa incomprensione della libertà, e il
malinteso che ne segue, chiamando libertà la facoltà che qualcuno accorda a un
altro di fare determinate cose, costituisce il più funesto degli errori. Non
bisogna credere che la sottomissione servile all’oppressione del governo sia
una situazione naturale, e che il fatto di essere autorizzati a commettere
degli atti determinati costituisca la libertà. Questa situazione ricorda quella
degli schiavi che avevano la facoltà di frequentare la chiese la domenica, di
rinfrescarsi quando faceva caldo, di aggiustare i loro vestiti durante i rari
istanti di ricreazione ecc. Che si faccia per un istante astrazione dei nostri
costumi e superstizioni consolidate, considerando la situazione di un membro
qualsiasi dello stato – quale sia il regime dispotico o democratico -, e si
resterà sorpresi dal grado di servitù in cui egli vive, mentre si crede libero.

Ovunque, e non importa in che paese noi viviamo,
c’è al di sopra di noi una folla di governanti che a noi stessi è completamente
sconosciuta, e che malgrado ciò, regola la nostra vita. E più l’organizzazione
politica è perfezionata, più serrate sono le maglie delle leggi che ci
racchiudono. Tutto è rigorosamente regolamentato: come e a che si deve prestare
giuramento, cioè promettere d’obbedire a tutte le leggi che sono o saranno
promulgate; come e dove ci si deve sposare (si può sposare una donna sola, ma
nulla impedisce di frequentare i bordelli); come si può divorziare, come si
devono far crescere i figli, chi tra loro bisogna considerare legittimi o
illegittimi; chi e come può ereditare, e come i beni si trasmettono. Altri
regolamenti stipulano il caso di violazioni delle leggi; chi e come si deve
giudicare e punire; essi indicano l’epoca in cui un cittadino deve presentarsi
al tribunale, sia come giurato, sia come testimone; quante ore dobbiamo
lavorare; tra quali cibi ci è permesso scegliere. Essi fissano quando e come
inoculare ai poveri bambini delle malattie preventive, quali sono le misure da
prendere durante un’epidemia, sia per gli uomini, sia per gli animali; le
materie che bisogna far studiare ai bambini; come servirsi delle acque; dove si
deve andare quando non c’è una strada. Essi stabiliscono differenti gradi di
punizione per la violazione di tutte queste e altre leggi ancora. Non si
potrebbero elencare, in effetti, le innumerevoli leggi e regolamenti ai quali
l’uomo si deve sottomettere. Inoltre, ogni uomo si trova nella necessità di
abbandonare la maggior parte del prodotto del suo lavoro per soddisfare delle
tasse governative di cui l’utilizzo è ignorato dal contribuente; egli deve
pagare gli interessi sui debiti che non sappiamo in quali tempi remoti siano
stati contratti.

In realtà, sembra naturale che un uomo nel pieno
possesso della sua forza morale, essendo in una posizione umiliante, dovrebbe
chiedersi: “Perché soffrire tutto questo?”. La mia intenzione è di vivere il
meglio possibile, di decidere nella più completa indipendenza ciò che è il mio
dovere, ciò che mi piace o che mi dispiace fare. Lasciatemi dunque in pace con
la vostra “patria”; che colui che ne abbia bisogno se ne serva, io non ne ho
alcun bisogno. Voi potete togliermi con la forza tutto quello che volete,
potete uccidermi; quanto a me, io non voglio aiutarvi al mio asservimento; non
ho paura di morire come voi, mi fa più paura vivere come voi.

Dovrebbe essere naturale agire così, ma nessuno lo
fa. La convinzione della necessità assoluta di appartenere a uno stato è così
radicata nella mente di tutti, che essi non potranno agire come a loro
consiglia la ragione e il sentimento del loro bene e del loro interesse.
Lavorando essi stessi alla loro servitù, poiché credono alla necessità dello
stato, gli uomini fanno come gli uccelli che, davanti alla porta aperta delle
loro gabbie, restano dentro le loro prigioni, un po’ per abitudine, e un po’
per non conoscenza della libertà.

Rockefeller non ha alcun motivo per non rispettare
le leggi del suo paese, in quanto esse facilitano il guadagno e la protezione
dei suoi miliardi a scapito delle masse. Si tratta della stessa cosa per chi
dirige le imprese di questo miliardario, degli impiegati dei direttori e degli
impiegati degli impiegati. È stato così ai tempi della servitù della gleba in
Russia, della domesticità del castello rispetto al servo della gleba: i servi
erano sottomessi poiché i loro piccoli interessi erano legati a quelli dei
potenti. Ma quali sono le ragioni che spingono le popolazioni, l’immensa
maggioranza, a sottomettersi ad autorità di cui non hanno alcun bisogno?
Chiunque sia membro di uno stato non sa essere libero; e, più grande è lo
stato, più la forza brutale è necessaria, meno si può trovare la vera libertà.
Fintanto che esisterà lo stato e la violenza che lo mantiene sotto una
qualsiasi forma, non ci può essere libertà, della vera libertà, tale come gli
uomini la comprendono e l’hanno sempre intesa.

“Ma come potremmo vivere senza stato?” domandano
coloro che hanno preso l’abitudine non solo di considerarsi come figli dei loro
genitori, discendenti dai loro avi, ma anche come italiani, cioè appartenenti a
gruppi imposti. Essi sono talmente abituati a questa idea, che non ritengono
possibile vivere altrimenti se non con queste agglomerazioni urbane con cui non
hanno alcun legame interiore. Come vivremmo senza essere assoggettati a nessun
governo? Come viviamo oggi, ma senza le bassezze e le cattiverie che
commettiamo a cagione di questa orribile superstizione. Noi vivremmo lo stesso,
ma senza toglierci il prodotto del nostro lavoro per pagare le tasse; noi non
parteciperemmo più agli arresti della giustizia, alla guerra, né a qualsiasi
violenza che commette della gente completamente sconosciuta a noi. Sì, è
davvero questa superstizione che, ai nostri giorni, non rispondendo più a
niente, dona ad alcune centinaia di uomini un potere su milioni di altre,
ingiustificato, e che priva l’umanità della vera libertà. Così, la causa principale,
se non l’unica, dell’assenza della libertà, è la superstizione statalista. Gli
uomini possono essere privati della libertà quando essi non sono raggruppati in
uno stato, ma quando lo sono, la libertà è sicuramente impossibile.

Che le masse popolari inizino a comprendere che le
nuove violenze sono la stessa cosa di quelle del passato, che l’uno e l’altro
regime non sono migliori o peggiori, ma entrambi malvagi, che occorre liberarsi
da tutte le violenze del governo, e che questo è possibile e molto facile. Il
popolo non ha alcun bisogno delle libertà particolari, ma solamente di un’unica
libertà, vera, completa, naturale. Come accade spesso, le soluzioni delle
questioni che appaiono difficili sono in realtà quelle più semplici; nello
stesso modo, per realizzare questa piena libertà, è inutile lottare contro il
governo, immaginare diversi modi di rappresentazione nazionale che servono
piuttosto a nascondere agli uomini il loro stato di servitù. L’insubordinazione
è sufficiente. Se il popolo cessa di obbedire al governo, spariranno presto le
imposte, le spoliazioni di terreni, gli eserciti, le guerre, le pandemie, e
ogni restrizione. Tutto questo è così semplice e sembra facile! Perché dunque
gli uomini non l’hanno fatto fino ad ora e non lo fanno oggi? Perché per
rifiutare di obbedire alla autorità umana, bisogna farli obbedire a Dio?

Non si può essere liberi se non nella misura in cui
si osserva la legge suprema. E la sua osservanza è difficile, quasi
impossibile, in una organizzazione sociale in cui primeggia la vita delle città
e delle fabbriche ora, e dei robot e dell’iperconnessione domani. Questa è la
portata della grande rivoluzione che si effettua tra i popoli. Come sarà
eseguita? Che fasi attraverserà? Ci è impossibile prevedere tutto ciò. Ma quello
che so, è che questa rivoluzione è inevitabile perché è in atto, e nella mia
coscienza è già parzialmente compiuta.

Affinché questa grande rivoluzione si realizzi, è
sufficiente che gli uomini comprendano che lo stato, la patria, è una finzione,
mentre la vita e la vera libertà sono delle realtà. Non si deve quindi
sacrificare la vita e la libertà a delle coalizioni artificiali chiamate stato,
ma occorre, per avere una vera vita e una vera libertà, liberarsi dal feticcio
dello stato e della criminale obbedienza agli uomini che ne risulta. È questo
cambiamento nell’atteggiamento degli uomini nei confronti dello stato e degli
enti pubblici, che segna la fine di un’era e l’inizio di una nuova.

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