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Roma - LA MAMMA DI GIULIA CAPRARO: 21 MESI SENZA UN'UDIENZA (06.03.25)
https://www.pupia.tv - Roma - G7 RUBRICA SICUREZZA STRADALE. LA MAMMA DI GIULIA CAPRARO: 21 MESI SENZA UN'UDIENZA
Roma, 6 mar. - Le ha chiuso gli occhi sull'asfalto. Quelli che ha visto sbarrati di terrore quando è arrivata sul posto e sua figlia, la giovane Giulia Capraro, 17 anni, era ferma immobile sul sedile del passeggero davanti, con la cintura ancora allacciata. Oltre 40 minuti di massaggio cardiaco, ma il suo corpo si ghiacciava e cambiava colore, Giulia era morta. Era il 13 giugno del 2023, c'erano ancora le luci del giorno e l'aspettavano per una festa di fine anno della scuola, il liceo classico Ugo Foscolo di Albano Laziale, al ristorante La Perla sul lago di CastelGandolfo. La Renault Clio su cui viaggiava era guidata da un ventenne, ex studente dello stesso liceo. L'auto ha sbandato ed è finita contro un'Audi che ha preso in pieno il lato su cui si trovava Giulia. Sono passati 21 mesi e al Tribunale di Velletri non è stata fissata nemmeno una prima udienza. La mamma di Giulia, Antonella Zevini, intervistata dall'agenzia Dire, lancia un appello: "Non ho più paura della morte, ho paura di morire senza che sia restituita verità e giustizia a Giulia". Dal dolore è nato anche l'impegno per l'educazione dei giovani e sensibilizzarli a rispettare le regole di sicurezza sulla strada, Antonella però ribadisce: se la giustizia non fa il suo corso, quale messaggio si dà ai ragazzi? Che in fin dei conti non è una cosa così grave. "Già parlare di incidente è sbagliato, serve un cambiamento culturale. E' un omicidio stradale", precisa. "Se una cosa accade ci sono delle ragioni" e lei queste ragioni non le sa ancora. Le indagini sono state chiuse, lei però non sa ancora nulla. "Io non so nulla, non conosco le circostanze specifiche della sua morte da vittima innocente, sono a conoscenza solo della consulenza tecnica che riconosce la responsabilità al conducente dell'auto su cui Giulia viaggiava", ripete. "Poco prima di Natale abbiamo fatto un sollecito al procuratore capo", ma tutto tace. "Vorrei morire sapendo la verità dalla magistratura", incalza. Se la giustizia tace, in Italia non vanno meglio le cose nella gestione di un trauma cosi irreparabile. "Non ci sono strutture per il 'dopo', io quella sera ero sotto shock e se non ci fossero stati i miei amici a sedarmi e a riportarmi a casa sarei stata sola. Oggi mi curo con le mie possibilità, ma i genitori come me- ricorda la mamma di Giulia- rappresentano una realtà sommersa. Siamo persone con un trauma e un lutto che non si elabora, persone che continuano a vivere e hanno bisogno di cure altrimenti delirano". "Mia figlia sognava di fare la giornalista". E per questo in sua memoria è nato un premio. "Per il primo anniversario della morte abbiamo fatto il primo premio giornalistico per i giovani delle superiori dei Castelli romani e quest'anno la II edizione con Castelli Notizie la estenderemo anche alle scuole medie. L'appuntamento è per l'anniversario del 13 giugno, "è importante "farli riflettere, portare le loro idee. Chissà se per quella data avrò un'udienza". "Credo sia un diritto sapere come è morta mia figlia, sia per gli innocenti che anche per le persone coinvolte- sottolinea la mamma di Giulia- che possono responsabilizzarsi e capire le motivazioni per cui hanno causato un danno irreparabile o penseranno che si può uccidere una ragazza di 17 anni, tanto poi non succede niente". "Ogni volta che riesco ad addormentarmi e chiudo gli occhi le pupille sono tappezzate di immagini di quel momento, quando sono arrivata sul luogo dell'incidente. Sono corsa su di lei, io che le avevo dato la vita, 17 anni dopo le ho chiuso gli occhi in mezzo alla strada per terra. Queste immagini mi perseguitano, come quella del suo corpo che si ghiacciava e cambiava colore". Antonella su quell'asfalto, mentre vedeva i rianimatori e l'estrazione di sua figlia dal veicolo, ha avuto un'ischemia al cuore. "Questo è un dolore che attacca il corpo, che attacca tutto", dice così, ma non vuole parlare di sè: "L'unica vittima è mia figlia" ricorda. Gli amici di Giulia, quelli che la stavano aspettando in riva al lago quella sera per la festa, le sono ancora oggi sempre accanto e anche loro mi dicono: "Bisogna avere giustizia". "Una parte del mio cervello è nella negazione". Così a volte accade, come racconta, che una madre non riesca nemmeno più a guardare una foto. (06.03.25)
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