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Roma - GIOVANI. PRIGIONIERI DI UNA STANZA, IL GRIDO SILENZIOSO DEGLI HIKIKOMORI -2- (27.02.25)
https://www.pupia.tv - Roma - GIOVANI. PRIGIONIERI DI UNA STANZA, IL GRIDO SILENZIOSO DEGLI HIKIKOMORI
Roma, 27 feb. - C'è una porta chiusa, dietro la quale il mondo si ferma. Nessun rumore di passi nei corridoi, nessuna voce che chiama per cena. Solo il bagliore freddo di uno schermo, il ticchettio delle dita sulla tastiera, il respiro di un ragazzo che ha deciso di scomparire. O forse non ha scelto affatto. Gli Hikikomori, termine giapponese che significa 'stare in disparte', sono giovani che si isolano dal mondo, chiudendosi nelle loro stanze per mesi, a volte per anni. Non si tratta di semplice timidezza o di una fase passeggera: è un rifiuto radicale della società, un abisso in cui si sprofonda, spesso senza che nessuno se ne accorga davvero. Di questo e altro si è discusso oggi alla Camera nel corso di una conferenza stampa dal titolo 'Hikikomori, i giovani che non escono di casa', organizzata dal capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura di Montecitorio, Antonio Caso, e dall'associazione Hikikomori Italia. Gli Hikikomori sono giovani che non vanno a scuola, non lavorano, non incontrano amici. Esistono, ma solo tra le mura della propria camera, dove internet diventa l'unico ponte con la realtà esterna. In Italia il fenomeno è in crescita: si stima che siano oltre 100mila i ragazzi che vivono questa condizione, invisibili agli occhi di chi non vuole guardare. Le cause? Un mix di pressioni sociali, ansia da prestazione, bullismo, problemi familiari. Senza dimenticare la paura di non essere abbastanza, il terrore di fallire prima ancora di averci provato. I genitori, spesso, sono impotenti, bloccate tra la speranza che 'passi da solo' e la paura di peggiorare la situazione con un gesto sbagliato. Ma il silenzio è il terreno fertile di questo isolamento e spezzarlo è il primo passo per riaprire quella porta. 'Le famiglie hanno una pressione altissima da parte della società- ha spiegato all'agenzia Dire la presidente di Hikikomori Italia Genitori, Elena Carolei- perché hanno il figlio ritirato e perché la società si aspetta che i genitori abbiano le competenze per intervenire, per far partecipare il figlio alla vita scolastica, alla vita lavorativa, mentre in realtà non è possibile tirare fuori queste competenze da un momento all'altro, dato che abbiamo a che fare con una grossa sofferenza. È importante che la parte politica si faccia parte attiva, che capisca che la priorità è intervenire sul benessere dei ragazzi. La parte relativa alla partecipazione alla vita sociale, invece, deve essere secondaria al loro benessere'. 'Le scuole- ha precisato- devono capire che i genitori di ragazzi Hikikomori non sono negligenti, che bocciare per le assenze è assolutamente poco producente e anche nel lavoro bisognerebbe ipotizzare percorsi ad hoc, con inserimenti facilitati, proprio perché si tratta di giovani che hanno difficoltà a vivere la quotidianità come gli altri'. Ma quali sono le principali problematihe che affrontano le famiglie con Hikikomori? 'La prima cosa è capire di cosa si tratta- ha risposto la presidente Carolei- capire perché il figlio sta ritirato: perché è pigro? Perché ha voglia di giocare? O perché sta male? Già questa è una difficoltà enorme. Un'altra grande difficoltà è comprendere come approcciarsi per aiutarlo a stare meglio. È inoltre difficile affrontare tutti i pregiudizi del mondo esterno, pregiudizi che vengono da diverse direzioni: dalla società intesa come scuola, come mondo lavorativo, ma anche come parenti, vicini di casa e colleghi. È molto, molto difficile spiegare qual è la responsabilità in queste situazioni'. Tanti, troppi, gli Hikikomori, nel mondo e in Italia. 'Nel nostro Paese possiamo avere delle stime, non numeri precisi, perché essendo ritirati sfuggono alla statistica, all'intervista. Noi, comunque, calcoliamo che siano ben più di 100mila. In Giappone parliamo di 1 milione e mezzo di Hikikomori, potrebbe anche essere che in Italia ci stiamo avviando in quella direzione'. 'Sono ragazzi cha hanno una forte sensibilità- ha poi tenuto a dire la presidente di Hikikomori Italia Genitori- che temono la competizione e il giudizio. Sono prevalentemente maschi, il rapporto, anche se ipotetico, è 70-30, e sono ragazzi che hanno bisogno di attenzione. Tendenzialmente non riescono a comunicare con un mondo competitivo, freddo, che non dà valore allo spirito, alla personalità, un mondo ostile, competitivo e non accogliente'. Ma come si aiuta chi non vuole essere aiutato? 'Il nostro compito è quello di dare indicazioni alle famiglie. Sicuramente la reazione immediata che ha un genitore è quella di spronare il proprio figlio e invece lo sprone genera ansia ulteriore, genera attenzione sul problema, amplificando la tendenza all'isolamento. L'aiuto arriva dalla comprensione, cercando di capire quale sia la sofferenza del ragazzo, vivendola al suo fianco e ricreando, così, la fiducia almeno all'interno della famiglia. ... (27.02.25)
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