Roma - MIGRANTI. ALBANIA, TAVOLO ASILO: PROTOCOLLO VIOLA LEGGI, 3 VOLTE (25.02.25)

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Roma - MIGRANTI. ALBANIA, TAVOLO ASILO: PROTOCOLLO VIOLA LEGGI, 3 VOLTE
Roma, 25 feb. - I centri per migranti costruiti dall'Italia in Albania sono illegali, ledono i diritti delle persone e possono configurare un vero e proprio meccanismo di "deportazione" delle persone. Tre le criticità principali: il diritto alla difesa non viene garantito, i tempi del trattenimento superano - e di molto - le 48 ore stabilite per legge e lo screening delle vulnerabilità viene eseguito in maniera troppo superficiale. A sostenerlo in un'intervista con l'agenzia Dire è Filippo Miraglia, responsabile Migrazioni di Arci nazionale, intervistato a margine della conferenza di presentazione a Roma del report 'Oltre la frontiera. L'accordo Italia-Albania e la sospensione dei diritti', redatto da Tavolo asilo e immigrazione. Lo studio segue le tre missioni di monitoraggio nei centri di Shengjin e Gjader, che gli esponenti del Tai hanno compiuto insieme a parlamentari d'opposizione a partire da ottobre. Le violazioni, continua Miraglia, iniziano ben prima del trasferimento in Albania, subito dopo il salvataggio delle persone migranti in mare: "Le persone vengono immediatamente detenute, ossia private della loro libertà, ben oltre le 48 ore stabilite dalle nostre leggi". Poi, una volta iniziato il viaggio verso l'Albania, "la vulnerabilità viene valutata in modo troppo superficiale. Sappiamo che le persone che attraversano la Libia subiscono torture e violenze e in maniera superficiale è difficile rilevarle". Terzo punto, "il diritto alla difesa: tutti i migranti trattenuti nei centri albanesi con cui abbiamo parlato ci hanno confermato di non sapere la differenza tra l'audizione con la commissione territoriale e l'audizione con il tribunale per la convalida della detrnzione. Hanno incontrato solo un avvocato d'ufficio con cui non hanno parlato e che non conosceva nulla della loro storia". Ciò inficia, secondo gli esperti, il diritto d'accesso alla richiesta di asilo e protezione: "Questa tutela legale è solo garantita di facciata" avverte Miraglia, "e non ha nulla a che fare con le leggi italiane, europee e internazionali". Miraglia conclude: "Nessun cittadino italiano, giustamente, accetterebbe un trattamento del genere" davanti alla legge. L'hotspot di Shengjin e il centro di trattenimento di Gjader sono stati costruiti con circa 700 milioni di euro dall'Italia dopo un accordo stretto dalla premier Giorgia Meloni e l'omologo albanese Edi Rama. Attivati a ottobre, hanno previsto finora tre missioni di trasferimento di migranti egiziani e bengalesi, tutte terminate col rimpatrio dei gruppi verso il nostro Paese, in quanto ogni volta la magistratura non ha convalidato il trattenimento delle persone sul suolo albanese. Nel corso della conferenza stampa, Daniela Di Rado, del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), si sofferma sulla questione degli screening "frettolosi" della vulnerabilità dei migranti. L'esame, svolto da interpreti, personale Oim e medici direttamente a bordo delle navi militari nell'immediatezza del salvataggio, "avviene dopo giorni trascorsi dalle persone in mare e, prima ancora, mesi o anni passati in Libia". Di Rado chiarisce: "Ormai sappiamo cosa succede ai migranti e delle torture che subiscono". Gli studi, riferisce l'esperta, dimostrano che spesso le persone non riescono a comunciare subito le loro storie e gli abusi subiti. Per questa ragione, "i protocolli sulla vulnerabilità - tra cui anche le linee guida del ministero della Salute del 2017, che identificano tutti i rifugiati come vulnerabili - stabiliscono che, quando si trattano potenziali vittime di tortura, tratta, violenza fisica, sessuale o psicologica, si deve adottare una certa procedura che prevede un setting specifico, personale dedicato e tempi dilatati". D'altronde, stabilire il grado di vulnerabilità "è determinante per inserire la persona in un processo di cura e riabilitazione", oltre a essere componente essenziale "per l'esito della procedura stessa della richiesta d'asilo". Tutti protocolli che, invece, "l'accordo Italia-Albania disattende", avendo come fine non la valutazione delle richieste d'asilo e le condizioni di salute della persona bensì "il rimpatrio delle persone migranti". Francesco Ferri, di ActionAid, conclude: "Anche se le persone migranti portate finora in Albania sono sempre state riportate in Italia, non commettiamo l'errore di pensare che sia un lieto fine: tutta la procedura a cui sono state sottoposte è stata violenta e, oltre ad avere un impatto sull'individuo, può anche aver compromesso il lro diritto d'asilo". Pertanto, secondo Ferri, "il protocollo Italia-Albania è incompatibile con la democrazia". (25.02.25)

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