Bologna - IMPRESE. CGIL: HANNO BANCHETTATO, ORA NON SCAPPINO DA EMILIA-R. (22.01.25)

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Bologna - IMPRESE. CGIL: HANNO BANCHETTATO, ORA NON SCAPPINO DA EMILIA-R.
Bologna, 22 gen. - Nella buona e nella cattiva sorte. Nei periodi di prosperità e nelle fasi congiunturali difficili come quelle che sta attraversando anche la manifattura emiliano-romagnola, con l'apertura di tavoli di crisi e vertenze. "Tutte quelle aziende, e sono tante, che hanno banchettato in questa regione per anni grazie alle condizioni di sviluppo che questo territorio garantiva, adesso non si possono permettere di alzarsi, prendere le valigie e trasferirsi da un'altra parte", ammonisce il segretario regionale della Cgil, Massimo Bussandri. "Siamo di fronte a una crisi della manifatturiera ormai devastante anche in regione, ma c'è un tentativo a mio avviso del sistema delle imprese di farne pagare il conto integralmente ai lavoratori, anche con metodi assolutamente devastanti e inaccettabili: licenziamenti che avvengono da un giorno all'altro senza preavviso, mandati con Pec, senza discussioni preventive", protesta il sindacalista a margine dell'attivo dei delegati della Fiom dell'Emilia-Romagna a Bologna. "Chiunque ha una situazione di difficoltà in questa regione deve sedersi a un tavolo di crisi e non si alza fin quando non si è trovata una soluzione", scandisce Bussandri, che chiede che anche in sede di rinnovo del patto per il lavoro e per il clima si discuta anche del blocco dei licenziamenti. "Poi mancano politiche governative che mettano un freno a questa situazione di crisi manifatturiera, mancano politiche industriali vere", protesta il segretario della Cgil. "Le politiche economiche del governo non ci lasciano tranquilli, ma anche dal governo, in una fase come questa, dovrebbe arrivare un segnale forte di blocco dei licenziamenti perché se pensiamo di risolvere questa crisi manifatturiera non ripartendo dal lavoro, ma lasciando disperdere professionalità che si riaoccupano in settori strategicamente più poveri, noi da questa crisi non usciremo mai, se non a lunghissimo termine, quando l'Italia sarà diventata un'appendice del terzo mondo", conclude Bussandri. (22.01.25)

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