Trasferimenti negati ai Carabinieri, l’appello della moglie invalida: “Sono persone con difficoltà non numeri”

4 months ago
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“Mio marito non è un numero, sotto la divisa c’è una persona in difficoltà che chiede di essere aiutata da quella che è la sua seconda famiglia, l’Arma”. E’ il grido d’aiuto di Maria (nome di fantasia), moglie di un carabiniere. Un appello raccolto da Rush nella puntata di Punto di Rottura che ancora una volta dà voce alle famiglie dei carabinieri che si vedono negato il trasferimento non potendo così stare vicino a familiari che hanno problemi di salute anche gravi.
Un rifiuto che per la famiglia di Maria, invalida al 46% significa dolore per le figlie di 5 e 7 anni che crescono lontane dalla figura paterna, ma anche un enorme dispendio economico: circa 700 euro al mese solo di carburante e autostrada per tornare a casa. La storia che racconta Maria non è diversa da quella di tante altre famiglie. Anche Giuseppa “riconosciuta disabile con un grave handicap” mamma di un carabiniere a cui è stato negato il trasferimento per accudire i genitori, ha raccontato a Punto di Rottura dei continui rifiuti nonostante abbiano dimostrato i seri motivi di salute: “Sono sei anni che riceviamo dinieghi”.

Storie di dolore e difficoltà che hanno però un altro aspetto in comune, l’attaccamento all’Arma “una grande istituzione” a cui sono orgogliosi di appartenere. Lo ha ribadito Giuseppa che ha scritto al ministro della Difesa e al comandante generale dell’Arma per descrivere una situazione di sofferenza che da troppo tempo si scontra contro decisioni incomprensibili per le famiglie.

E lo stesso fa Maria. “Non ce l'ho con l'Arma dei Carabinieri, questo deve essere chiaro - sottolinea la donna - Sono orgogliosa del fatto che mio marito, non fa, è un carabiniere: però vorrei allo stesso tempo che non venisse considerato come un numero. Sotto la divisa c'è un essere umano e alle sue spalle c'è una famiglia con tante difficoltà”. Difficoltà che per la famiglia di Maria sono diverse.

C’è il papà invalido del marito carabiniere. “Mio suocero è affetto da un handicap grave riconosciuto dalla dalla legge 104 Art 3 comma 3 - spiega Maria - e risiede in una residenza per anziani, non una Rsa, perché noi purtroppo non possiamo ospitarlo: un po' per la sua patologia, un po' per problemi di spazio. Mio marito è l'unico che riesce a gestirlo nei momenti di poca lucidità e quindi deve intervenire spesso e va in aiuto alle operatrici della struttura. Per calmarlo quando non è lucido, ma anche per portare medicinali o per fargli fare passeggiate quotidiane”.

A questo si aggiungono i problemi di salute di Maria, affetta da patologie “riconosciute come invalidanti al 46%. Fibromialgia e poliartrite cronica che non mi permettono di svolgere normalmente le mie mansioni quotidiane. Ho dovuto lasciare il lavoro perché questa patologia mi blocca, mi riempie di dolori. Adesso per esigenze economiche ho dovuto riprendere per aiutare mio marito nelle spese del quotidiano. Ma so già che non riuscirò a lavorare per tanto tempo”. La donna è anche costretta in alcuni periodi a stare a letto, “ci sono periodi in cui non riesco nemmeno a prendere in braccio le mie figlie”.

Ma la lontananza da casa del marito carabiniere si ripercuote anche sulla serenità delle bambine. “Ad entrambe le mie figlie è stato diagnosticato un disturbo di ansia da separazione dal padre. Sono seguite da una psicologa e sono state seguite anche da psicologhe dell'Asl quindi è tutto certificato, tutto documentato”. Condizione che si sarebbe alleviata quando il papà è stato trasferito per un periodo breve vicino casa. “Le mie figlie stavano molto meglio - spiega Maria - poi però non è stato accettato il trasferimento definitivo e questo ha aggravato ancora di più la situazione”.

Una situazione complessa che fa vivere la famiglia in uno stato di profondo disagio anche economico. “Non mi vergogno a dire - aggiunge Maria - che non possiamo permetterci un apparecchio ai denti per le bambine”. Una spesa consistente che deve quindi necessariamente passare in second’ordine quando da pagare c’è il mutuo, le bollette, ma anche i farmaci e le analisi del sangue a cui la donna deve sottoporsi ogni due mesi. “Un costo tra i cento e i 150 euro e lo stesso vale per i medicinali”. Evidentemente eliminare la voce “spostamenti” del marito carabiniere “700 euro al mese solo carburante e autostrada” sarebbe una boccata d’ossigeno per il bilancio familiare. Ma Maria non pensa solo alla sua famiglia ma a tutte quelle che sono in condizioni simili.

L’intenzione della donna è di rappresentare le mogli dei carabinieri “ai quali è stato negato il diritto di trasferimento, diritto che è garantito dalla Costituzione. Vorrei far capire che mio marito vorrebbe essere un carabiniere, un marito, un padre e un figlio ideale”. La richiesta di Maria è che il marito e gli altri carabinieri in condizioni simili “non vengano visti come un numero: sono persone che hanno problemi hanno difficoltà e vogliono essere aiutate da quella che è la loro seconda famiglia. Vorrei che mio marito riuscisse a svolgere serenamente il suo lavoro che sa fare bene, ma così è impensabile perché è stato abbandonato”.
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