NON SOLO ROMA - Puntata di Giovedì 23 Maggio 2024

6 months ago
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Non solo Roma con Elisa Mariani - Puntata di Giovedì 23 Maggio 2024
Continua la stato di agitazione di Eur Spa, i lavoratori: "Chiediamo il rispetto dei diritti e il premio di risultato"
Ospite in collegamento Andrea Ladogana, Capo Dipartimento enti pubblici e privati Cisl Fp Roma e Lazio

Non si placa la protesta dei lavoratori di Eur Spa. Da ormai 6 mesi le sigle sindacali hanno proclamato lo stato d'agitazione, insistendo su due punti in particolare: il rispetto dei diritti e il premio di risultato. L'ente pubblico, intanto, sta cambiando governance e poche settimane fa si è dimessa l'ad Cossellu.

Martedì 21 maggio Cgil, Cisl e Uil hanno convocato i dipendenti dell'ente (per il 90% MEF e 10% Comune di Roma) per un sit-in di protesta di fronte al Palazzo dei Congressi, dove si sta tenendo il Forum PA. Assente, a quanto pare, il dialogo con la dirigenza sui temi dei diritti dei lavoratori: "Continua a mancare una corretta relazione sindacale su tutte le questioni riguardanti i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori - si legge nella nota congiunta - non rispettando i temi e i tempi previsti dal CCNL Federculture".

Ma c'è anche la questione legata al premio di risultato: un risultato che conta 15 milioni di euro di utile; Cgil, Cisl e Uil hanno sottolineato che "durante gli incontri intercorsi dal 2023 a oggi non è mai stata data risposta concreta alla richiesta". Dal 14 novembre in poi, inoltre "si è constatato che l'azienda non ha intenzione alcuna di riconoscere quanto dovuto".

Il 7 maggio scorso, infine, l'amministratrice delegata Angela Cossellu ha annunciato all'assemblea dei soci le sue dimissioni. Un rapporto, quello della Cossellu con i sindacati, mai realmente sereno: per le sigle sindacali "l'ad Cossellu ha gestito Eur Spa non come se fosse un'azienda controllata dal pubblico, ma come un fatto privato. Non sono chiari gli obiettivi e le iniziative per il rilancio, nulla viene concordato con le oo.ss. sulla valorizzazione del personale, le progressioni di carriera e l'erogazione del premio di risultato come previsto dal CCNL".

Torre Brunori, ancora nessuna riqualificazione per il manufatto medievale: il CdQ scende in strada
Ospite in collegamento: Cristiano Ciotta, direttivo "CdQ Tor De' Cenci, Spinaceto, Villaggio Azzurro, Casal Brunori" 

In quanti conoscono la Torre Brunori di Spinaceto? Parliamo di una torre di età medievale che si trova nel quadrante sud della Capitale, mai veramente valorizzata e abbandonata in cattivo stato all’interno di un’area verde recintata.

La struttura è persino censita nella Carta dell’Agro Romano, che censisce i beni culturali presenti nel Suburbio. In questo documento infatti vengono segnalati due corpi di fabbrica: una costruzione di forma quadrangolare, probabilmente una cisterna di età moderna, assieme ai resti di una torre medievale, detta Torre Brunori e databile al XIII o al XIV secolo.

Da tempo i cittadini vorrebbero che questo stallo si sbloccasse e che qualcosa di concreto fosse fatto. Così, è stato lanciato per domani 24 maggio alle ore 18.30 in viale dei Caduti per la Resistenza, l’incontro aperto a tutti i cittadini proprio sul futuro della Torre.

Le richieste, che sono alla base di questo incontro, sono semplici e chiare: prima di tutto pulizia e manutenzione, dato che l’area e la torre sono ricoperte da vegetazione e immondizia; poi la cura e valorizzazione di questo manufatto, in quanto parte integrante della cultura e della memoria del quadrante.

"The Substance" di Coralie Fargeat
Ospite in collegamento Cinzia Giorgio, direttrice di "Pink Magazine Italia"

Anima e corpo sono una cosa sola? E quando il corpo si scinde in due, cosa ne resta dell’anima? The Substance di Coralie Fargeat, un fantascientifico Ritratto di Dorian Gray al femminile, è un film la cui visione disturba, sia nel mentre, sia dopo.

“Una giovane e bella ragazza deve sorridere”. Non basta essere una Demi Moore per esser considerate belle; bisogna essere giovani. Infatti, non bisogna neanche tanto essere donne, quanto ragazze. Demi Moore è Elizabeth Sparkle – star indiscussa e ginnasta della televisione (pensiamo ai Cardio Workouts di Jane Fonda, ma anche alla nona stagione di American Horror Story che sfoggia corpi atletici abbigliati in tute da ginnastica colorate anni ’80, prima di calarci in un bagno splatter).

Il giorno del suo compleanno, tutto ciò per cui aveva lavorato, ossia la sua immagine, viene cancellato: servono ragazze giovani, dai 18 ai 30 anni. Scopre una sostanza che dà vita alla versione più giovane, più bella, più perfetta di sé: Sue (Margaret Qualley).

The Substance è un film fatto di silenzi e di urla e anche se abbiamo già chiaro nei primi venti minuti come si svilupperà la storia, siamo troppo curiosi di vedere come verranno “decomposte” le immagini della perfezione. Perché tutto è “perfetto” in questo film, a partire dalla fotografia, centrata, pulita, immacolata come il loft dove si sviluppa la più parte della storia. E Fargeat si ispira a Kubrick, nella fotografia come nelle musiche, come nelle location (il bagno rosso dove una conversazione sibillina rivela le intenzioni dei personaggi). Ma viene anche in mente la festa di fine anno in Carrie lo sguardo di Satana.

Ma se visivamente abbiamo a che fare con un’accuratezza sorprendente, non si può dire lo stesso per la sceneggiatura. Qualche accenno di verosimiglianza biologica sarebbe stato più gradito; la fantascienza richiede anche la scienza.

È un film sul corpo The Substance – tanto che di recitazione ne vediamo ben poca.  E quando il corpo diventa tutto, l’unica espressione del sé, l’anima viene a mancare. Eppure, nonostante il fondo schiena sia l’inquadratura principale del film, non risulta del tutto un lavoro senza anima. Sono gli occhi di Demi Moore la vera sostanza del film. Elizabeth è la matrice e può interrompere quando vuole questa dualità ma non riesce. Perché la bellezza, la giovinezza è una droga più potente dell’eroina. Così “la versione migliore” annienta l’altra, annientando anche se stessa.

Ciò che ci interessa di più di questo film (e ci riporta al discorso di Barbie di Gerwig) è il paradosso dell’ostinazione a voler contestare l’oggettificazione del corpo femminile attraverso l’oggettificazione stessa di esso. Indipendentemente dalla morale della fiaba, le immagini proposte perpetuano un corpo femminile ideale e irraggiungibile, e viene da chiedersi se è davvero questo il modo migliore per rispondere alla visione patriarcale dominante (di cui il film mostra con poche inquadrature un ritratto veritiero). Dopo tutto, non è proprio questo ciò che una limitata visione maschilista vorrebbe vedere su uno schermo?

Gloria! Un inno alla musica come veicolo di libertà

Presentato alla 74ª edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, il film “Gloria!” è l’opera prima di Margherita Vicario, cantautrice e regista italiana, classe 1988. La pellicola è ambientata nei dintorni di Venezia, all’inizio dell’Ottocento, nell’istituto musicale Sant’Ignazio che ospita l’orchestra femminile, il suo maestro, (uno strepitoso e irriconoscibile Paolo Rossi), Teresa e una domestica. Per la visita di Papa Pio VII l’istituto è in fermento per la preparazione del concerto in suo onore. Durante l’agitazione generale, di notte, alla luce di qualche candela, cinque ragazze si ritrovano per comporre musica con i tasti di una nuova invenzione, il pianoforte.

Una storia coinvolgente in continuo movimento, tenendo alta l’attenzione con un’atmosfera misteriosa, che permette di entrare nella narrazione, cavalcando l’onda della rivoluzione, riprendendo i principi francesi “egalité, liberté, fraternité”. Molto interessanti gli spostamenti di camera, che riprendono in maniera spontanea le scene e riflettono la dinamicità della trama e dei personaggi.

Il tema centrale della pellicola è la ricerca della libertà. Le ragazze dell’istituto hanno vissuto imprigionate per anni, venendo zittite, sottostando a severi ordini e un rigido decoro. Però tutto ha un limite e arriva il momento di cantare e suonare per sentirsi più leggere. La musica, infatti, diventa il mezzo d’espressione delle ragazze, che riescono a liberarsi dalle catene a cui sono state vincolate. Musica che non si trova solo tra le note degli spartiti. Ma anche nell’armoniosa fusione che si ottiene con i rumori della quotidianità, come i panni che vengono sbattuti o le spazzole che sfregano.

“Piedi a terra e mani in aria” è l’invito che porge la regista nella sua canzone “Aria!”, colonna sonora del film. Un inno alla libertà, per respirare a pieni polmoni e cantare fino a perdere la voce. Mentre si balla alzando le mani per accogliere il cielo tra le braccia.

Uscendo dalla sala si rimane con un senso di indescrivibile vertigine, come quello vissuto dalle protagoniste davanti alla novità, mettendoci davanti alla realtà dei fatti, oggi siamo fortunate ad avere indipendenza e diritto alla libertà di espressione, per poter condividere con il resto del mondo la meraviglia che custodiamo dentro.

Rendez-vous con Meryl Streep a Cannes

Dopo aver ricevuto la Palma d’Oro Onoraria, Meryl Streep ha incontrato il pubblico di Cannes, raccontando la sua entusiasmante carriera, leggendaria. Ha scelto un look sobrio; camicia larga e pantaloni neri, con tanto di occhiali. “Sono in hangover”, ha ammesso più tardi. È restata sveglia fino alle tre del mattino per discutere del nuovo film di Quentin Dupieux, che le è piaciuto molto.

Da Kramer contro Kramer a Don’t Look Up, la pluripremiata attrice ha raccontato aneddoti scoop. “All’inizio mi lasciavano scrivere le mie battute. In Kramer contro Kramer, per esempio, non era chiaro perché Joanna avesse scelto di lasciare marito e figlio. È tratto dall’omonimo romanzo di Avery Corman e si tratta di un revenge-novel; l’ha scritto per rabbia. Dustin Hoffman rispose subito che lui sapeva perché lei se ne fosse andata e scrisse il suo monologo. Lo scrissi anche io e quando li confrontammo, vinsi io!” Avvenne la stessa cosa per Il cacciatore, di Michael Cimino. “Mi disse, “Non so proprio cosa farle dire…” Conoscevo bene la situazione, sono cresciuta nel New Jersey e il mio fidanzato partì per la guerra e tornò eroinomane. Sapevo cosa far dire al mio personaggio.”

Si tratta di film che hanno fatto la storia del cinema; “al tempo non me ne resi conto. Erano film dove c’era un solo personaggio femminile… fortunatamente ora le cose sono cambiate. Ci sono tantissimi ruoli femminili interessanti da interpretare e questo anche perché molte attrici sono anche produttrici. Io, però, non potrei mai farlo. Alle 19 voglio spegnere il cellulare.”

Torna su un discorso che aveva già fatto in passato ma che è bene ripetere. “Noi donne siamo abituate a parlare la lingua degli uomini, ma loro non sono abituati a parlare la nostra lingua. Un film è sempre una proiezione di un sogno. La cosa più difficile era, per gli uomini, rivivere attraverso un personaggio femminile: non lo sapevano fare. La prima volta che un uomo mi ha detto “So che cosa hai sentito, ti capisco”, è stato per Il diavolo veste Prada.”

Negli anni, Streep ha assistito a tanti cambiamenti dell’industria. Ha lavorato con tutti i più grandi e ha anche interpretato personaggi che hanno cambiato il corso della storia. “The Iron Lady non è tanto un film sull’ascesa al potere della Thatcher. Quello è un film che deve ancora essere fatto… Mi interessava questo ruolo perché non ha a che fare con il maschile o con il femminile; racconta la fine del potere, come il Re Lear di Shakespeare. E Roy Helland ha fatto un lavoro eccezionale. Quando avevo otto anni, mi disegnai sul viso tutte le rughe di mia nonna con una matita per gli occhi. Volevo vedermi come lei, perché lei in un certo senso si vedeva come me; mi interessava questo cerchio della vita. Ho ancora la foto in bianco e nero di quando lo feci, ed è buffo perché ora sono proprio così. ”

L’attrice si è anche trovata in situazioni scomodissime: “Quando stavamo girando La mia Africa, c’era una scena che abbiamo girato di notte. Era un piano sequenza ed eravamo tutti stanchi, e le luci abbaglianti erano potentissime e attiravano gli insetti… Io dovevo solo camminare per una lunga discesa e appena ho cominciato ho sentito un animale enorme entrarmi sotto la camicia, sulla schiena. Volevo urlare e togliermi questo insetto di dosso ma non volevo interrompere le riprese! Era grande come la mia mano… È stato difficile. Ma in realtà la cosa più difficile, nella recitazione, è ripetere le scene più banali, perché ti viene voglia di ammazzare il regista quando devi ripetere per la millesima volta “Com’è andata la tua giornata?” con tono dolce.”

Tornando a La mia Africa, Streep ha ammesso di essersi innamorata di Robert Redford al quinto take della scena in cui lui le lava i capelli nel fiume. “All’inizio non aveva idea di cosa stesse facendo! Poi il mio hair e make-up stylist di fiducia, Roy, gli ha mostrato come fare. Quella è veramente una scena di sesso! Siamo così abituati a vedere gente scopare… una scena del genere è rarissima! Mi ha persino fatto dimenticare degli ippopotami dall’altra parte del fiume…”

Nonostante la sua fama mondiale, Streep ha una vita tranquilla. Quattro figli e tanti nipotini a cui dedicarsi, “Non sono così rispettata a casa. È molto emozionante incontrare un pubblico come questo.”  Alla fine dell’incontro, Meryl Streep ha ricordato a tutte le aspiranti attrici e a tutti gli aspiranti attori di “Non mollare mai! Tenete viva la speranza! Occorre solo un lavoro, e poi quello vi porterà al prossimo!”.

"I figli del poeta (Giulietta, Romeo e gli altri)": Teatrosophia di Roma chiude la stagione
Ospite in collegamento Guido Lomoro, regista de "I figli del poeta"

L’ultimo spettacolo della stagione nasce dalla collaborazione tra Teatrosophia e l’Accademia Beatrice Bracco che ha ormai la sua sede proprio in Via della Vetrina. L’iniziativa è del direttore artistico Guido Lomoro ed ha come scopo quello di dare spazio e opportunità ai giovani attori. Ecco perché ha deciso di portare in scena i neo-diplomati. Uno spettacolo che parte da un affascinante testo, Shakespeare family di Giuseppe Manfridi, che Guido Lomoro ha trasformato e integrato. Ne è nata una pièce che narra le vicende di 5 personaggi del famigerato Romeo e Giulietta ed esattamente: Romeo, Giulietta, Mercuzio, Frate Lorenzo e Baldassarre che si ritrovano in un non luogo senza tempo…. Uno spettacolo che vede, ancora una volta, unirsi la parola al movimento scenico, quest’ultimo curato da Maria Concetta Borgese

Giulietta, Romeo, Mercuzio, Frate Lorenzo, Baldassarre. Sono loro a ritrovarsi in un non luogo senza tempo. Ne nasce un confronto in cui scopriranno cose che non potevano sapere. In cui ognuno di loro rifletterà sul proprio agire in quello che è forse il più famoso e coinvolgente dramma shakespeariano. A unirli un comune senso di colpa provocato da una domanda: poteva essere evitato quel tragico finale? E poi. Perché ora si ritrovano in questo non luogo? Che senso ha?

La risposta è nel titolo: figli del poeta. Ed è nel pubblico, eterno spettatore e lettore dell’intramontabile storia “di Giulietta e del suo Romeo”.

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