AMLETO: l'inversione dell'interpretazione freudiana del parricidio.

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L'Amleto di Shakespeare fu l'occasione per Freud per descrivere la dinamica affettiva del complesso edipico. Tuttavia l'interpretazione del parricidio nasconde risvolti ancora più interessanti e sorprendenti rispetto all'interpretazione che ne dà il padre della psicoanalisi. Sia nel mito greco di Edipo che nel dramma di Amleto la figura materna svolge infatti un ruolo di primo piano e di valore causale nella determinazione inconscia degli eventi. La percezione e le azioni di Edipo, come quelle di Amleto, non sono tanto motivate dalla relazione di conflitto con il padre e da una soggettiva ansia di ricongiungimento con la madre, come vorrebbe appunto l'interpretazione freudiana, ma dalla volontà incestuale e affettivamente egemone della madre, la vera protagonista delle azioni emotive dell'uomo, vettore causale affettivo di ciò che muove l'(emo)azione.
Nel mito greco questa volontà divina, bestiale e femminile è rappresentata dalla Sfinge, l'alter ego inconscio della madre Giocasta, che dirime appunto il destino umano e dirige i passi di Edipo.
Nel dramma di Amleto è la regina la vera responsabile del parricidio e dell'alienazione del destino del figlio; questo è chiaro fin dalle prime parole proferite dal fantasma del padre che appare ad Amleto. Il tentennare amletico del figlio, nel compito di vendicare il padre, non rappresenta dunque una identificazione con lo zio aggressore - come ipotizza Freud - ma esprime tutta l'impossibilità del figlio di rivolgersi contro la madre uxoricida senza dover colpire anche se stesso, in quanto legato da una relazione di identità primaria con la madre medesima. Infatti, il compimento del dramma si attua solo quando alla morte di Amleto si aggiunge anche la morte della stessa regina Geltrude.
L'errore freudiano fa parte strutturale del modello affettivo ebraico che, pur essendo matrilineare (cioè diretta espressione dell'identità materna come innominabile causa divina), è purtuttavia la religione dei padri: il padre è la legge, ed è sempre il dio matrilineare che "dà le leggi a Mosè", cioè gli attribuisce questa funzione. Per gli ebrei il padre assume dunque tutta la visibilità autoritaria della fede e ne costituisce anche l'elemento di conflitto nel ricambio generazionale (pasto totemico).
In definitiva l'inversione del complesso di Edipo comporta la riscoperta della volontà materna come motore del parricidio edipico e del fallimento del ruolo del figlio perso nella sconfitta e nella dipendenza. Parricidio, incesto e figlicidio rituale sono le espressioni in cui si manifesta la Dea Madre o la Grande Madre Terribile dell'accezione junghiana. Come per le Baccanti o le Menadi assassine, la tradizione matriarcale, che fu di Gea e della Sfinge, si dipana via via fino alle propaggini giudaico cristiane (dal Diluvio alla Shoah) e all' odierna teocrazia transumanista di Matrix.

A cura di Sergio Martella, psicoanalista.
20 Novembre 2015 Lecce, Liberrima "All'ombra del barocco"

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