BUONI PROPOSITI?

3 months ago
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Trasmissione del 22 gennaio 2024
"Sono già in corso le operazioni volte alla vendita di porzioni dei beni nazionali. Pur facendo affidamento sulle risposte evasive riguardo all’eventualità di mettere sul mercato una parte significativa delle azioni dell’Eni, il governo sta attuando il suo piano di privatizzazioni.

Si prevede di cedere fino al 4% del gigante petrolifero, corrispondente alla quota attualmente detenuta dal Ministero dell’Economia, al fine di ottenere un introito di circa due miliardi di euro. Va sottolineato che ciò non comporterebbe la perdita del controllo pubblico, poiché oltre al 4%, un ulteriore 27% è ancora in mano alla Cassa Depositi e Prestiti, l’istituzione finanziaria legata all’Erario.

L’indiscrezione si allinea con la strategia generale delineata da Giorgia Meloni, che prevede la vendita parziale delle risorse mantenendo comunque la maggioranza. Questo è parte di un piano ambizioso volto a raccogliere circa venti miliardi entro il 2026.

«L’impostazione del governo è lontana anni luce dal passato, quando erano regali milionari a fortunati imprenditori ben inseriti», assicura Meloni, «la mia idea è ridurre la presenza dello Stato dove non è necessaria e riaffermarla dove lo è. Questo riguarda il tema della riduzione di quote di partecipazione statale che non riduce il controllo pubblico, e questo potrebbe essere il caso di Poste, mentre penso ci sia la possibilità di fare entrare i privati in società dove c’è il totale controllo pubblico come in Ferrovie».

I proventi non saranno destinati alle spese correnti, come ad esempio la prossima manovra, ma verranno impiegati per ridurre il considerevole debito pubblico italiano, attualmente superiore ai 2.800 miliardi di euro e previsto in una lieve discesa in proporzione al PIL. In termini pratici, l’ammontare sarebbe una frazione minima del debito complessivo, ma costituirebbe un segnale rassicurante per gli investitori stranieri. Quest’anno, infatti, l’Italia chiederà loro finanziamenti per circa 350 miliardi di euro attraverso l’emissione di titoli di Stato, senza poter contare sul supporto diretto degli acquisti della Banca Centrale Europea.

Per raggiungere l’obiettivo di privatizzazione, è evidente che la cessione dell’Eni da sola non sarà sufficiente. Sul tavolo è stata posta anche l’opzione di mettere in vendita una parte di Poste Italiane, attualmente posseduta al 64% dallo Stato. La decisione su quanto lasciare ai privati è ancora in sospeso: ridurre la quota pubblica del 50% frutterebbe quasi quattro miliardi di euro, mentre mantenere il 51% porterebbe un introito notevolmente inferiore, pari a 1,7 miliardi. In ogni caso, i tempi previsti sarebbero più estesi rispetto a quelli impiegati per la cessione del 25% di Monte dei Paschi di Siena a novembre, che è avvenuta in modo rapido ma senza garantire il massimo guadagno.

Inoltre, l’attenzione sembra rivolta anche alle Ferrovie dello Stato, attualmente interamente di proprietà pubblica. La vendita del 49% potrebbe generare fino a cinque miliardi di euro, anche se finora si è parlato di un coinvolgimento minoritario di privati solo nella società responsabile del trasporto ferroviario, lasciando binari e stazioni sotto il controllo pubblico. Quest’idea era stata proposta otto anni fa, ma fino ad ora non ha visto alcun sviluppo concreto.

Secondo quanto riportato dalla Stampa, la lista delle partecipate coinvolte potrebbe estendersi includendo Fs, Enel, Snam, Terna e Leonardo. Il governo avrebbe l’intenzione di raccogliere 21 miliardi di euro entro il 2026 attraverso queste operazioni. Tuttavia, la cessione di quote di Eni e Poste potrebbe avere un impatto limitato sulla riduzione del debito e comporterebbe la rinuncia ai dividendi, poiché il 4% del gruppo di Descalzi, ad esempio, valutato a 2 miliardi, comporterebbe una riduzione degli interessi annui di soli 94 milioni di euro.

Il ministro dell’Economia sembra desideroso di trovare investitori per finanziare il debito e raccogliere risorse in vista della manovra, ma, secondo Repubblica, al momento i grandi capitali non sembrano particolarmente interessati a queste iniziative. La sfida potrebbe quindi essere quella di attrarre investitori disposti a partecipare a queste operazioni di razionalizzazione del patrimonio delle partecipate."
G. Pirani, 20.01.2024 uiFinanza

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