Pro captu lectoris habent sua fata libelli

8 months ago
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https://nereovillaopere.wordpress.com/2023/09/03/storia-di-narciso-dal-sec-18-al-21/ - Come si fa a unire un rock a un valzer di Chopin? Che senso ha? Ha senso solo se si trovano i punti chiave di armonia, cioè se si conosce l'armonia dell'interiore attività umana. Unirli in modo astratto è impossibile e/o forzoso. Bisogna immedesimarsi nei due oggetti da unire. La frase "Pro captu lectoris habent sua fata libelli" risale al grammatico romano (2°sec. p.C.) Terenziano Mauro e si trova nel 1286° verso del suo trattato "De litteris, de syllabis, de metris" ("Sulla letteratura, sulle sillabe, sui metri), e significa “A seconda dell’intelligenza del lettore i libri hanno il loro destino”. Aveva ragione. Il termine captu deriva da captus, a sua volta discendente dal verbo capio, che vuol dire “io prendo”, “io afferro” ed è quindi l’afferrare, il saper cogliere col comprendonio, l’intelligenza appunto, quella che sa connettersi agli oggetti di percezione. Questa intuizione di Terenziano assunse validità universale perché era ed è esatta. Puoi scrivere tutti i libri che vuoi ma se l'intelligenza del lettore manca di giudizio critico, quei libri restano come mummie negli scaffali. Così fu per i libri della bibbia, che oggi servono solo a teologi, in realtà "teo-ideologi", che nulla sapendo del passaggio dai vecchi tempi al tempo nuovo, continuano a inserire il vecchio nel nuovo, nonostante gli scienziati antichi abbiano scritto che non si deve mettere vino nuovo in otri vecchi; "altrimenti gli otri scoppiano, il vino si spande e gli otri si perdono; ma si mette il vino nuovo in otri nuovi e l'uno e gli altri si conservano" (Matteo 9,17). Così fu per il monismo vecchio. Ho già provato a parlarne ma è come parlare al vento (si veda la mia "Favola del lupo Pino").

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