Prof. Vittorio Marchi, professore di fisica quantistica e ricercatore - Non esiste la separazione

9 months ago
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Lascia il corpo fisico nel 2017, in silenzio, per una caduta dal balcone, accidentale…
Approfondiremo questi importanti aspetti, relativi al concetto di InFormAzione 😉
Vittorio Marchi: «Tutto quello che osserviamo, della realtà, noi lo vediamo come frantumato, spezzettato, separato: vediamo la realtà come una pluralità di cose. Siamo dotati di vista ottica. E siccome l'occhio ci fa vedere questo, è difficile - dopo millenni di questa percezione - cambiare il modo di vedere le cose. Oggi, finalmente, la scienza ci prova che tutto è uno. Si dice che siamo in grado di vedere il 5% di quanto ci circonda: e non è vero, perché non siamo in grado di vedere nemmeno l'1% di quello che esiste. Ma ammettiamo che sia il 5%: il restante 95% noi non lo vediamo. E che cosa ci facciamo, con questo 5%?».
«Si è scoperto che quello che non vediamo - e che anticamente veniva chiamato “vuoto” - in realtà è pieno: e gli attuali strumenti dimostrano che il “vuoto” pesa 22 volte di più, rispetto al cosiddetto “pieno”, cioè quello che vediamo. Non credo che possiamo parlare di “vuoto”. Noi pensiamo ancora che ogni atomo sia separato dagli altri. E pensiamo che tra due atomi esista una certa distanza. Ebbene, non è vero. Ora lo sappiamo, grazie alla grande rivoluzione del paradigma culturale della nostra epoca. È stato prodotto fortunatamente dalla fisica quantistica e dalle neuroscienze: due discipline gemelle, che hanno finito per arrivare alle stesse conclusioni (sia pure con linguaggi diversi)».
«Hanno scoperto che l'atomo, che è una particella, non solo è se stessa: è anche lo spazio che sembra interposto a un'altra particella. Come fa una particella a essere se stessa e, al tempo stesso, lo spazio che sembrava separarla dalle altre? Faccio un esempio: abbiamo perso un secolo per stabilire se le onde elettromagnetiche sono costituite da corpuscoli o da onde. Il fotone, si diceva, sarebbe una particella ibrida, a metà strada tra la particella e l'onda. Ma in realtà, quando parliamo di particella e quando parliamo di onda, stiamo parlando della medesima entità, della stessa sostanza».
«Analogia: l'acqua e il ghiaccio. In una massa d'acqua, ci possono essere corpi che solidificano (un iceberg, o anche solo un cubetto di ghiaccio). Cos'è il ghiaccio? È acqua che “si individualizza” nello stato solido: ma è formato dalla stessa sostanza, è sempre acqua. Immaginiamo, nel mare, due masse d'acqua che cristallizzano. I due corpi di ghiaccio appaiono separati da una distanza. Se però si sciolgono, quella distanza scompare: sono diventati onde. E allora non ci dobbiamo far ingannare dal contenuto specifico (fisico, solido) dei corpi. Dobbiamo tralasciare la quantità e puntare alla qualità: alla sostanza. Che io dica vapore, nuvola, acqua o ghiaccio, sto sempre parlando della stessa sostanza».
«I fisici non sanno ancora spiegarsi l'inizio. Dicono: il nostro universo ha avuto origine da un'esplosione, il Big Bang. Non è vero. Ma, nel caso: prima, cosa c'era? Doveva per forza esserci qualcos'altro, no? E prima ancora di quel qualcos'altro? In pratica: l'essere umano deve sapere qual è la sua origine. Dobbiamo sapere da dove veniamo. Non possiamo fermarci al pianeta Terra, che è solo una manifestazione tra tutto quello che esiste. Oggi ci interroghiamo sull'energia “oscura”, così chiamata perché non riusciamo a vederla (non perché non c'è). Noi infatti abbiamo una capacità ottica molto limitata, per vedere che cosa ci succede attorno».
«Ad esempio non vediamo l'infrarosso, mentre i rettili lo vedono: per loro è sempre giorno pieno. Non vediamo l'ultravioletto: le api invece lo vedono, ci vanno a nozze. Idem per le vibrazioni sonore: i pipistrelli percepiscono benissimo gli infrasuoni e gli ultrasuoni, mentre noi non sentiamo niente. Questo per dirvi quanto poco riusciamo a cogliere, della realtà. E perché? Perché ci affidiamo unicamente alla percezione dei famosi cinque sensi. Come fare, allora, per cogliere la realtà? Bisogna lasciar perdere gli occhi, e considerare quello che vede il cosiddetto pensiero. Qualcuno lo chiama “anima”, qualcuno “coscienza”, altri “spirito”, altri ancora “energia”, e così via».
«In realtà è semplicissimo: il pensiero è sostanza. Tutto è sostanza, tutto è vibrazione. E tutto, se vogliamo, è energia: ma proprio tutto. Grazie alla neurologia, nel 1920 abbiamo scoperto che non è il cervello, la fabbrica del pensiero. È esattamente il contrario: è il pensiero, la fabbrica del cervello. Le immagini dello spazio, a miliardi di chilometri dalla Terra? Anche quello è pensiero. Tutto quello che vediamo nel cosmo è pensiero, spesso solidificato. Sto andando per farfalle? No: perché tutto ciò che esiste è fatto della stessa sostanza. Quindi, fra me e voi non è vero che esista una distanza. Esiste un unicum, un continuum».
«Tutti i corpi sono fatti di atomi? Certo. Se però gli atomi non sono soltanto se stessi, ma sono anche tutto lo spazio tra uno e l'altro, visto che tra di loro non esiste interspazio “vuoto”, allora non c'è mai interruzione. Ogni atomo, infatti, è sempre informatissimo su quanto accade a ogni altro: sono un tutt'uno, non hanno bisogno di trasmissione. Loro - quindi, tutto lo spazio - sono informatissimi e non hanno bisogno di venire congiunti, dato che non sono mai stati disgiunti. Lo si è visto nel 1982, a Parigi, quando Alain Aspect ha colpito con il laser un campione di carbonato di calcio (CaCO3). Ne ha estratto un positrone, cioè un elettrone positivo e negativo. L'ha portato a collisione e si sono liberati due fotoni».
«Questi due fotoni sono stati scagliati “a distanza indifferente”, cioè a qualsiasi distanza (anni luce, anche). Dopodiché - ecco le prove, ormai indiscutibili - si è visto che in tempo reale, istantaneamente, il “fotone uno” sapeva perfettamente cosa stesse facendo il “fotone due”. E questo vale, sempre, per tutte le coppie di particelle presenti nell'universo. Se il “fotone uno” si orientava (si polarizzava) in una certa direzione, il “fotone due” faceva la stessa cosa. Se invertiva il “momento magnetico”, l'altro lo imitava. Se uno si metteva a ruotare in senso opposto, l'altro faceva lo stesso. E lo faceva istantaneamente: senza lasciar trascorrere nemmeno il minimo lasso di tempo».

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