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LE PROSSIME MOSSE (Match point oppure autogol?)
Trasmissione del 2 febbraio 2023
Se c’è un ministro in carica che val la pena di ascoltare, quello è Guido Crosetto. Come, ad inizio anno, aveva scoperto le carte del governo nella partita con Bce così, venerdì, ha scoperto quelle nella partita con l’Ue, la Nato e la Russia.
Come consuetudine, in questi casi, ha tenuto a sottolineare di star parlando a braccio: “avrei un bellissimo intervento da leggere … non lo leggerò”. Ne è risulta una collezione di osservazioni un poco confusa, che organizzeremo per argomenti.
Comincia descrivendo il mondo di prima: in Europa, “abbiamo sempre calcolato che … noi potessimo costruire un mondo diverso, che non sarebbe mai stato infettato di nuovo dalla guerra. Dove anche le nazioni che crescevano non sarebbero mai venute a disturbare la nostra crescita”.
Invece non è così: le nazioni che crescevano sono, invero: “attori forti e privi delle regole mentali e culturali che noi abbiamo”. Cioè, vengono a disturbare la nostra crescita.
Anzi, esse sono “talmente forti” che, continuando noi come prima, “siamo destinati a perdere. Non significa perdere il nostro Paese. Significa perdere pezzi del mondo in cui, fino adesso, ci siamo mossi liberamente”. Tradotto, avanti come ieri siamo destinati a perdere la nostra prosperità.
Questa, per Crosetto, è una frattura permanente: “se anche finisse la guerra, il percorso del cambiamento iniziato dalla guerra non finirà. Perché la ferita aperta della guerra è una ferita che comunque rimarrà, che ci vorrà tempo per rimarginare”.
Ad esempio, dice che la nostra industria bellica deve abituarsi a fornire tanto e in poco tempo: “adesso, se porti a casa l’ordine, è perché c’è qualcuno che ha bisogno delle cose che devi produrre domani mattina”. Il ministro vuole imprese “che, quando hanno il doppio degli ordini, cercano di raddoppiare i capannoni, di raddoppiare gli ingegneri, di avere più operai”. Tradotto, disegna un deciso aumento della spesa e degli impegni militari.
E qui è come se egli si ponesse un primo problema: cosa ne pensano Bruxelles e Francoforte? Non pronuncia la domanda, ma una risposta : “in questo frangente l’Europa ha subito una forte accelerazione … c’è una Europa in divenire”.
In divenire verso cosa? Crosetto è quanto mai vago: “i prossimi mesi sono quelli che ci indicheranno se può fare qualcosa”.
Qualcosa cosa? Continua Crosetto: “tentativi di dialogo come quelli che noi facciamo (oggi con il mio collega francese ma in continuazione), sono quelli: creare … una linea che prevale culturalmente, che prevale dal punto di vista organizzativo, che prevale perché diventa immediatamente chiaro a tutti che è l’unica che possa servire”. Tradotto, in Europa una linea non c’è.
Ma ci potrà essere? Crosetto pare scettico. In primo luogo, la forte accelerazione diventa subito molto debole: “modo burocratico, come fa spesso l’Europa: costruisco dei meccanismi, costruisco dei comitati, costruisco dei processi che poi negli anni implementeranno. Ma non costruiti … per affrontare un tema complesso. Un tema come questo, richiederà tempo”.
In secondo luogo, egli dà per scontato che un accordo unanime non si troverà mai. Citiamo per intero :
Il percorso non può essere unico per tutti. Qualcuno arriverà prima, qualcuno arriverà dopo, qualcuno dovrà percorrere la strada da solo, come è stato per l’euro. Qualcuno ha detto “come è stato per l’Euro”: sarà la stessa cosa. Sarà la stessa cosa: qualcuno dovrà prendersi sulle spalle lo zaino prima e percorrere per primo i sentieri inesplorati che sono davanti a noi. Ma sono sentieri inesplorati quelli su cui costruiremo la storia, quella in cui vivranno i nostri figli. Quindi, un motivo per farlo e iniziare a farlo subito.
In terzo luogo, dire che l’accordo europeo “sarebbe come l’euro” … significa dire che sarebbe come un disastro biblico.
In quarto luogo, il punto di partenza è sconfortante: “un’integrazione che non c’è, una capacità militare che non esiste, una capacità di risposta che non esiste a livello europeo”.
In quinto luogo ed infatti, il buon Crosetto si spinge sino alla conseguenza logica: “se [l’Europa] non riesce anche di fronte alla più grande crisi che abbiamo avuta negli ultimi settant’anni, vuol dire che abbiamo scelto la strada sbagliata”. Tradotto, l’accordo europeo è la strada sbagliata.
Ma quale sarebbe, invece, la strada giusta? Così Crosetto : “la Nato, l’Unione europea sempre di più saranno legate al di là di una scelta politica, o di una volontà politica. È una necessità pratica dettata dalla velocità dei tempi, così come è dettata la velocità dei tempi”.
Strada che il ministro definisce “una soluzione europea” … ma intende soluzione per l’Europa. Che è cosa ben diversa. Tradotto, la strada giusta è la subordinazione della Ue alla Nato. Un giudizio sacrosanto, che ci pregiamo di aver anticipato lo scorso 25 febbraio 2022.
(continua su Atlantico Quotidiano, "Crosetto e la guerra in Ucraina: ordine Nato meglio dell’ordine Ue", di Musso)
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