I tipi di barche egizie,le oltre 1500 divinità infere egizie,gli elementi naturali spiegati in modo semplice,la religione della natura pagana massonica e IL DIO PENE ERETTO DELLA CUPOLA MASSONICA PAGANA GESUITA POLITEISTA GRECO/EGIZIA/FENICIA/CANANEA

1 year ago
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C'HANNO IL DIO CORNUTO COL CAZZO ERETTO(l'egizio Amon-Min) E LA DEA MADRE NATURA I MASSONI eh essendo politeisti e pagani,non capiscono neanche l'ironia di questo video eh talmente sono svegli ed intelligenti appunto...
https://rumble.com/v1dspv7-parliamo-della-mafia-di-san-gallomassoneria-ecclesiastica-e-del-falso-concl.html?mref=rljsx&mc=e5yiv
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https://www.godtremari.it/wp-content/uploads/2020/04/Il-Gabinetto-di-Riflessione.pdf dovrebbero scrivere lasciate ogni speranza o voi che entrate invece all'entrata del gabinetto eh come nell'inferno di Dante almeno così sono cosci di quello che gli succederà dopo a sta gente...
vedrai la luce del fuoco si ma solo quella dell'accendino o del falò però gli andrebbe specificato meglio questo...per non farsi illusioni inutili di vederla e dargli false speranze impossibili per loro...perchè non la vedrà mai questa gente e saranno per sempre nelle tenebre spirituali per andare all'inferno...matti come sono eh ed essendo già stati tutti condannati a morire nei loro peccati e poi nello stagno di fuoco e zolfo
https://rumble.com/vmjmz5-la-religione-naturale-della-massoneria-cio-il-neopaganesimo-politeista-sata.html?mref=rljsx&mc=e5yiv
https://library.abundanthope.org/index_htm_files/Cult%20of%20baal.pdf
https://it.wikipedia.org/wiki/Religione_egizia
https://en.wikipedia.org/wiki/Natural_religion
https://en.wikipedia.org/wiki/Nature_religion
https://en.wikipedia.org/wiki/Nature_worship
https://it.wikipedia.org/wiki/Neopaganesimo
https://it.wikipedia.org/wiki/Filosofia_della_natura
Il riferimento a quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco (materiali)) è comune a tutte le cosmogonie.
https://it.wikipedia.org/wiki/Quattro_elementi
Per gli Egizi la barca sacra era un battello fluviale elevato a simbolo di imbarcazione rituale, come attesta la vasta documentazione iconografica-letteraria e veniva usata come mezzo di trasporto in ambito funerario e religioso.
https://it.wikipedia.org/wiki/Barca_sacra
Iconografia, funzione e significato
Nell'iconografia, le barche venivano rappresentate sempre a forma di mezza luna, generalmente con la poppa incurvata a forma di uncino, con solo due remi e la prua coperta di tessuto drappeggiato. Erano fatte di papiro e solamente quelle destinate al sovrano ed al clero venivano fatte di legno proveniente dalla Siria e dalla Fenicia, poiché nella Valle del Nilo crescevano solo piccoli alberi che fornivano legno inadeguato per costruire scafi.

Per il popolo della Valle del Nilo, che ancora non conosceva la ruota, la principale via di comunicazione era il Nilo, per cui la barca divenne presto oggetto di sacralità, tanto che tutti, tanto i sovrani quanto successivamente nobili e popolo, credevano di dover raggiungere con essa la Duat, il regno dei morti tra le stelle.

Nel cielo, che gli Egizi consideravano un fiume, il defunto se ritenuto "giustificato"viaggiava verso occidente con Ra nella sua barca solare ed insieme raggiungevano la Duat, che nessun testo egizio ci descrive chiaramente.

Infatti, già nel Medio Regno, la barca sacra usata in ambito funerario era la rappresentazione di quella di Osiride, chiamata Neshmet, con la quale il defunto navigava verso Abido per ricongiungersi al suo dio nell'Oltretomba mentre i nobili realizzavano questo viaggio per mezzo di modellini in legno, similmente agli ushabti, recanti sul ponte un sarcofago in miniatura.

Come recita la formula 615 dei "Testi delle piramidi" per consentire al sovrano defunto il viaggio verso la Duat furono seppelliti vari tipi di imbarcazioni in legno vicino ad alcune piramidi e parte integrante del corredo funerario.

Nell'Antico Regno, sovrani come Cheope si fecero seppellire fino a cinque battelli vicino alla propria piramide e due inseriti tra le piramidi secondarie che in un primo momento furono classificati come barche solari.

Successivamente quattro barche sono state identificate, grazie ai "Testi delle piramidi", come barche Sekhem ossia barche donate dalle divinità dei quattro punti cardinali al sovrano defunto per consentirgli di poterli raggiungere.

La quinta barca, che risulta usurata, fu sicuramente quella funeraria che trasportò il grande sovrano, forse al suo Tempio a valle e successivamente attraverso la rampa processionale verso il suo prodigioso cenotafio.

Ma ciò non esclude che essa simbolicamente servisse anche al Ka del sovrano per iniziare il viaggio per raggiungere la barca solare di Ra e per questi motivi, dopo l'ultimo viaggio, le barche di Cheope furono accuratamente smantellate e nascoste così da consentirne l'uso successivo.

Altre barche sono state rinvenute ad Abido nelle tombe dei sovrani dell'Antico Regno essendo numerose le fosse navicolari costruite in mattoni di fango e trovate purtroppo vuote

Le barche usate nelle cerimonie religiose erano in uso ad ogni divinità che aveva la propria, contrassegnata dall'egida, ed era allocata nei templi nella parte più segreta ed inaccessibile. Durante le festività il naos o la statua sacra veniva posta sull'imbarcazione che veniva portata a spalla in processione dai sacerdoti, come nella Festa di Opet.

Brillante d'aspetto
Nome dato alla barca sacra del dio Khonsu.

Grande d'amore
Appellativo della barca sacra dedicata al dio Min

Henhenu
Nome della barca sacra del dio Atum che la usò per emergere dal Caos, come recitato nel Testi dei sarcofagi.

Henu
La barca sacra henu, oppure hennu,era la barca processionale del dio Sokar che aveva un aspetto inconfondibile. Infatti recava sopra un naos il dio con l'aspetto di falco mentre la sua prua era adorna con una testa di antilope. Quando veniva usata nelle feste di Ptah-Sokar era posta sopra una slitta.

Era usata nelle festività menfite, fin dalla I dinastia, dove era portata intorno al Muro Bianco ed è quindi una delle più antiche

Nedjemdjem
La barca sacra nedjemdjem ossia "Barca della Voluttà" era attribuita al dio Ra.

Neshmet
La Neshmet, oppure Kha'emet

era la barca di Osiride usata durante la festa detta dei Misteri di Osiride per trasportare, via fiume, il simulacro della divinità unitamente agli Osiride vegetante nella solenne processione che avveniva nel quarto mese dell'anno chiamato khoiak.

Signora dell'amore
Era il nome della barca sacra di Hathor sulla quale veniva posta la statua della dea in occasione della festa annuale del Buon Incontro.

Uret
La barca sacra Uret, "Wrt", era la barca usata nella cerimonia dei "Misteri di Osiride" solo alla fine e per via terra, per trasportare nell'ultimo tratto, il simulacro del dio fino alla sua tomba, tra quelle antiche di epoca thinita, a Peqer.

La Barca solare o celeste era, per gli Egizi, l'imbarcazione rituale che percorreva i due cieli trasportando il sole rigenerato ogni giorno all'alba e divenendo poi con il dogma eliopolitano simbolo religioso di rinascita dalla morte a nuova vita.
https://it.wikipedia.org/wiki/Barca_solare_(Egitto)
Storia
Il sole, che divenne per esigenze di culto ipostasi di Ra, attraversava il cielo diurno, in dodici ore, sopra una barca chiamata Mandet.

Il viaggio nel mondo sotterraneo dell'ovest attraverso il cielo inferiore della Duat, avveniva con la barca Mesketet

Le due barche solari insieme erano chiamate Maaty perché rappresentavano la Maat ossia il principio dell'ordine cosmico.

La barca solare al mattino trasportava il sole sotto l'aspetto sincretico di Khepri, a mezzogiorno diveniva Ra ed al tramonto era Atum. Dopo il tramonto il sole, divenuto If divinità mummiforme, passava sulla barca della notte, la Mesketet, accompagnato da varie divinità protettrici con le quali attraversava così l'Amduat (Oltretomba) con i suoi pericoli, tra i quali Apopi. Pericoli che avevano il fine di bloccare la barca e fermare così il trascorrere del tempo.

Questo evento particolarmente temuto dagli Egizi si realizzò solo una volta quando il dolore di Iside per suo figlio morente fermò la barca solare, e quindi il sole, fino alla guarigione del figlio (Papiro Metternich).

Nell'iconografia veniva rappresentata, già dal periodo predinastico, sempre a forma di mezza luna con la poppa incurvata a forma di uncino, la prua spesso coperta di tessuto drappeggiato e solo due remi.

Spesso vi era raffigurata una rondine, simbolo di eternità e figlia di Ra che individuava così la barca del mattino mentre quella della sera poteva avere raffigurato Arpocrate.

Altre volte le barche erano rappresentate con la prua ornata con delle canne e recavano sopra un sacrario dove si trovava il dio Ra protetto dal serpente benevolo Mehen e come viene detto nel Libro delle Porte in piedi a prua si trovava Sia.

La barca come raffigurata nel "Libro dei morti" era trainata da Anubi ma sovente questo compito era assolto anche dai Ba degli Occidentali mentre altri riferimenti si trovano nel Libro dell'Amduat, nel Libro della Terra ed una rappresentazione in pietra è all'esterno del tempio solare di Abu Gurab.

Numerose sono le immagini pervenuteci dalle tombe dei nobili che ne mutano leggermente l'aspetto con l'evoluzione religiosa pur restando sempre immutabili alcune caratteristiche.

In alcune tombe della dinastia egizia del Nuovo Regno, come in quella di Sennedjem, troviamo l'immagine della barca che naviga nel mondo inferiore. A bordo vi è il naos, che rappresenta un tempio della città sacra di Buto, nel Basso Egitto, la rondine ed il Shemes, sms, strano oggetto rituale che risultava dalla combinazione di un arpione e di un coltello munito di gamba umana e che come simbolo, indicava i Seguaci di Horo.

Al centro della barca vi era sovente il disco solare con Amon girato verso l'Occidente ma non mancavano immagini di Ra accompagnato dal defunto e con il seguito composto da Hu, Sia e sovente Heka.

Infatti il sovrano saliva sulla barca solare e questo onore oltre che a donargli gloria gli dava anche la sicurezza nel periglioso viaggio attraverso l'Occidente, verso l'Aldilà.

Successivamente il privilegio di raggiungere i Campi Iaru salendo sulla barca solare fu esteso a tutti e come ci narrano i testi sacri, Ra percorreva il mondo sotterraneo accogliendo sulla sua barca i Ba dei defunti che erano stati giustificati affinché potessero rinascere con lui, al mattino sotto forma di Akhu ossia "I luminosi".

La Barca di Amon era la barca usata dal clero nelle cerimonie religiose e nelle processioni delle sacre festività dedicate alla divinità suprema e della quale si conoscono almeno tre tipi.
https://it.wikipedia.org/wiki/Barca_di_Amon
Barca fluviale di Amon
La barca fluviale di Amon era il battello usato nelle cerimonie sul Nilo chiamato Userhat (Amon),

Era di imponente bellezza, lungo 70 metri, allestito in maniera sontuosa e decorato con simboli quali il djed e il Nodo di Iside.

La Userhat trasportava, durante la Festa di Opet, la barca processionale di Amon quale simulacro del dio e seppure fornita di remi sovente veniva trainata durante la navigazione dalla barca del sovrano.

Barca processionale di Amon
La barca processionale di Amon era una barca non atta alla navigazione, portata a spalla dai sacerdoti durante le ricorrenze religiose quando il dio, nel suo simulacro, usciva dal tempio per essere adorato dal suo popolo e per recarsi in visita alle altre divinità nei propri santuari.

Già in uso durante la XII dinastia, era più importante della barca fluviale anche se di dimensioni minori ed è da considerarsi il prototipo dell'Arca dell'Alleanza.

Si modificò nel tempo pur restando comunque sempre molto preziosa con lo scafo in legno di cedro dorato, le insegne regali e con i remi-timone anch'essi d'oro. Era guarnita a prua ed a poppa con auree teste di ariete scolpite, animale ipostasi di Amon, adornate con usekh, (wsh), ossia le larghe collane e con le corone atef.

Inizialmente sul ponte vi era un naos circondato da statue dorate di divinità che nascondevano il dio supremo ma successivamente i naos divennero due coperti da un tetto e da tendaggi drappeggiati.

Barca del Giustiziere
La barca del Giustiziere era chiamata Wia-En-Maaty, risulta attribuita ad Amon ma le notizie pervenuteci sono veramente scarse.

Le divinità infere egizie potevano rappresentare i fenomeni naturali, quelli sociali oppure i concetti astratti. Questi dei e dee appaiono virtualmente in ogni aspetto della civiltà egizia, e più di 1.500 di loro sono conosciuti per nome.

Molti testi egiziani menzionano i nomi delle divinità senza indicare il loro carattere o un ruolo specifico, mentre altri testi si riferiscono a ben definite divinità senza nemmeno indicare il proprio nome, perciò una lista completa di essi è assai difficoltosa da stilare. Non risulta però che gli Egizi abbiano mai avvertito il bisogno di stabilire un inventario delle proprie divinità - a differenza di altri popoli dell'antichità, quali gli Ittiti, che realizzarono laboriose liste di concordanze fra i loro dei e quelli delle nazioni vicine. Nel pantheon egizio, difatti, le divinità apparivano, scomparivano, cambiavano nomi, attributi, caratteristiche e funzioni a seconda delle circostanze: si ha traccia altresì di alcuni repertori di divinità, ma si riferiscono a un contesto limitato e sono finalizzati ad applicazioni ben precise. La tomba del faraone Ramses VI (1144 - 1136 a.C.), la KV9 della Valle dei Re, è un monumento dedicato a "tutti gli dei della Duat", cioè del mondo dei morti, per cui il re avrebbe composto un catalogo per "rinnovare" i loro nomi. A tale genere di lista corrispondono liste di dèi, l'ordine e la natura dei quali sono sempre variabili - come le serie di divinità stilate nell'ambito di culti locali e i manuali di geografia religiosa come il "Libro del Fayyum", il papiro geografico di Brooklyn e il Papiro Jumilhac. Nel Tempio funerario di Seti I ad Abido compaiono due liste sotto forma di litania, complessivamente di 113 divinità raggruppate per cappelle o santuari. Era comune che, in epoca tarda, le pareti nei naos contenenti le effigi delle divinità riportassero rappresentazioni che inventariavano le immagini divine della località (cataloghi simili sono stati scoperti a Tod e Dendera); similmente, la grande lista di divinità sulle pareti del santuario di Amon a Hibis, nell'oasi di Kharga, elenca le immagini di divinità onorate nei grandi centri di culto raggruppati in base al nomo di appartenenza - senza la pretesa di comporre un quadro esaustivo del pantheon egizio
https://it.wikipedia.org/wiki/Divinit%C3%A0_egizia
Lista parziale delle divinità
La lista che segue si propone di elencare, fra quelle fatte oggetto di culto nel corso della plurimillenaria storia egizia, quante più divinità, creature mitologiche e persone e astrazioni divinizzate possibile - ferma restando l'oggettiva difficoltà nello stilarne una lista completa: si tratta di un elenco necessariamente parziale.(andatevele a vedere)

Min è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto, il cui culto ebbe origine in epoca predinastica (IV millennio a.C.). Veniva raffigurato in varie forme, ma più di frequente con aspetto umano, con il pene eretto (itifallico) stretto nella mano destra e la mano sinistra alzata (forse per suggerire la penetrazione o come gesto minaccioso verso i propri nemici), con un flagello. Era il dio della fertilità, della riproduzione, del raccolto, del principio maschile e della virilità, particolarmente venerato a Copto, nell'Alto Egitto e, fino al Medio Regno, comunemente fuso a Horus (Min-Horus). Assimilato ad Amon nella teologia tebana, in virtù di tale accostamento era venerato come un dio creatore capace di generare, mediante la propria potenza sessuale, la vita
https://it.wikipedia.org/wiki/Min_(mitologia)
Nell'arte egizia, Min era raffigurato avvolto in un sudario, o mummificato, con una corona di piume in capo. Con la mano destra impugnava, talvolta, il proprio pene eretto, mentre nella sinistra, rivolta verso l'alto, poteva stringere un flagello - riferimento alla propria autorità, o a quella del faraone, ma forse anche come riferimento alla costellazione di Orione. Intorno alla testa aveva un nastro rosso lungo fino a terra, forse un ennesimo riferimento alla sessualità, secondo alcune interpretazioni. La sua pelle era spesso nera, come la terra più fertile.

I simboli di Min erano un toro bianco (chiamato Toro dal Grande Fallo), una freccia dentata e la lattuga. Gli egizi credevano che la lattuga fosse un afrodisiaco; siccome le varietà di questa pianta presenti nella valle del Nilo crescevano alte e strette e, se strofinate, rilasciavano una sostanza bianca, simile al latte, ma assimilata allo sperma, così come le altre caratteristiche fisiche ricordavano, agli egizi, i genitali maschili. Ancora durante la dominazione romana dell'Egitto, l'imperatore (ma anche faraone) Augusto fu raffigurato, nel tempio di Kalabsha, nell'atto di offrire lattughe al dio Min.

Esistono anche raffigurazioni di dee guerriere con il peculiare corpo di Min (incluso il fallo), il che portò a immagini di Min con la testa di leonessa tipica di Sekhmet. Così compare, per esempio, nel tempio di Khonsu a Karnak, mentre viene adorato da Ramesse IV.

A causa della vistosa erezione presente nella maggior parte delle raffigurazioni, molti dipinti, rilievi o statue di Min furono vandalizzati o censurati nel corso dei millenni, a partire dell'epoca cristiana fino al XIX secolo.

Storia
Insieme a un'altra, si tratta della più antica statua colossale della storia egizia finora pervenuta. Testa e piedi sono mancanti, ma sono riconoscibili il braccio e la mano chiusa per reggere il fallo eretto.
L'egittologo britannico Flinders Petrie portò alla luce due colossi di Min a Copto, risalenti all'epoca predinastica dell'Egitto (oggi all'Ashmolean Museum), segno che il culto di questo dio è uno dei più antichi della storia egizia; i colossi scoperti da Petrie sono il primo esempio conosciuto di statuaria egizia di grandi dimensioni. Min compare forse nei Testi delle piramidi, risalenti alla V e VI dinastia,non menzionato per nome, ma tramite l'epiteto Colui il cui braccio è levato a Occidente che si adatta alla tradizionale iconografia del dio.
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Quando l'Egitto conquistò Kush, la principale divinità dei kushiti fu assimilata ad Amon. La divinità kushita aveva la testa di un lanoso ariete dalle corna ricurve; Amon gli fu accostato anche iconograficamente. Poiché gli arieti erano simbolo di virilità e prestanza sessuale, Amon divenne anche un dio della fertilità, assorbendo l'identità del dio Min. Ne derivò il dio Amon-Min. Questa correlazione con la virilità gli valse l'epiteto di Kamutef, che significa Toro di Sua Madre, forma in cui compare sulle pareti di Karnak, itifallico e munito di flagello, così come veniva rappresentato Min. Il tabernacolo della statua di Min era sormontato da due corna di toro.

Come principale divinità della fertilità e, probabilmente, dei riti orgiastici, Min fu identificato dai greci con il dio Panː Akhmim, uno dei centri del culto di Min, fu ribattezzata Panopoli, città di Pan.

Culto
Come dio della potenza sessuale maschile, Min era specialmente onorato nel corso dell'incoronazione del faraone nel Nuovo Regno, cerimonia durante la quale sembra che il sovrano dovesse spargere il proprio seme. Si ritiene che tale azione fosse simboleggiata dallo spargimento di semi di piante, ma non mancano teorie controverse secondo le quali il faraone avrebbe dovuto dimostrare di essere in grado di eiaculare, assicurando così l'annuale piena del Nilo, determinante per la prosperità dell'Egitto. Quando generava un erede, il re veniva paragonato a Min.

Era inoltre un dio lunare, invocato in quest'aspetto con l'epiteto di Protettore della Luna. Gli ultimi giorni del calendario lunare gli erano sacri, e in epoca tolemaica gli fu perfino dedicato il quinto mese dell'anno.

Il culto di Min era molto sentito a Copto e ad Akhmim (Panopoli), nell'Alto Egitto, dove si svolgevano grandi feste, con presentazioni di offerte, in occasione della processione che portava la sua statua fuori dal tempio attraverso i campi. A dispetto del suo ruolo di dio della fertilità e della sessualità, Min era anche associato al deserto orientale, e per questo invocato anche come patrono delle carovane.

Kamutef
Kamutef era l'epiteto, che significa Toro di Sua Madre, dato alle divinità Min e Amon.
L'epiteto di Colui Che Si accoppia con la Madre nacque durante il Nuovo Regno e può riferirsi a Iside madre di Horus-Min oppure ad Amonet. Indica il divenire contemporaneamente padre e figlio divini, ricomprendendo anche il sovrano (divinità egli stesso).

Khonsu è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto, dio della luna, del tempo, della guarigione e della giovinezza. Il suo nome significa Viaggiatore e potrebbe riferirsi al viaggio della luna attraverso il cielo notturno. Era anche il dio che misurava il passare del tempo, caratteristica condivisa con l'altro dio lunare Thot: mentre quest'ultimo determinava il tempo in generale, Khonsu era legato al tempo degli uomini. Era inoltre parte della triade tebana insieme ad Amon e Mut di cui era considerato figlio
https://it.wikipedia.org/wiki/Khonsu
Il suo nome riflette il fatto che la luna (identificata come Iah) viaggi attraverso il cielo notturno, poiché significa Viaggiatore.

Aspetti violenti del mito di Khonsu
Il nome di Khonsu potrebbe anche essere interpretato come Placenta del re: in epoca arcaica, Khonsu era probabilmente considerato un terrificante dio che trucidava i nemici del faraone per poi estrarne le viscere che, in qualche modo, sarebbero poi state utili al re. Creava così una metaforica placenta per la difesa del sovrano; inoltre di lui si legge, nei Testi delle piramidi:

≪Khonsu, Che uccise i signori, Che li strangola per il Faraone e che per Lui estrae ciò che si trova nei loro corpi.≫

Questo aspetto sanguinoso del mito di Khonsu portò le persone a riferirsi a lui - sempre nei Testi delle piramidi - come Colui Che vive sui cuori (PT258) o che è in grado di provare la rabbia che brucia i cuori (PT310). Divenne poi un dio connesso alla placenta propriamente detta, ritenuto una deificazione della placenta reale e, così, un protettore delle nascite.

Aveva inoltre gli epiteti di Colui Che abbraccia, Esploratore, Difensore e Pianificatore.

Evoluzione
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Nella teologia tebana, durante il Medio Regno (2055 a.C. - 1650 a.C.), Khonsu rimpiazzò il dio della guerra Montu nel ruolo di figlio di Amon; ciò avvenne perché il laghetto sacro nei pressi del grande tempio di Mut, l'isheru, aveva la forma di una luna crescente, principale attributo di Khonsu. Il padre adottivo del dio fanciullo fu individuato in Amon, il Re degli dei che, con la vittoria del faraone Ahmose (ca. 1539 a.C. - 1513 a.C.) sugli invasori hyksos e la fondazione della XVIII dinastia egizia, assurse al rango di divinità nazionale: Tebe, la città di cui era patrono, divenne infatti la capitale del Paese nel Nuovo Regno (1550 a.C. - 1069 a.C.). Nella stessa epoca, la sua sposa arcaica, Amonet, fu sostituita da Mut[11]. Siccome la natura di Amon e Mut era considerata benevola e protettiva, Montu, rappresentato solitamente armato, finì col perdere i suoi connotati aggressivi.

Sia Thot che Khonsu erano adorati come divinità della luna, benché col tempo in Thot sia prevalsa la caratteristica di dio della scrittura e della conoscenza, specie se scritta. Altre divinità associate alla luna erano Osiride, Min, Shu e Khnum.

Iconografia

Statuetta di Khonsu raffigurato come uomo con testa di falco sormontata dalla luna, risalente al Periodo tardo dell'Egitto. Walters Art Museum, Baltimora.
Khonsu era tipicamente rappresentato come un fanciullo mummificato, o stretto in un sudario, con i segni esteriori e gli oggetti dell'infanzia: una ciocca di capelli su un lato della testa, così come una collana menat e il flagello e il bastone ricurvo tipici del faraone. Condivide gli attributi di altri dei bambini e fanciulli come Horus e Shu. Talvolta compare con testa di falco, come Horus o anche con testa d'aquila, era associato come dio protettivo e guaritore, adornato con il disco solare e la luna crescente.

Fece la sua comparsa nei Testi delle piramidi e nei Testi dei sarcofagi, ma non raggiunse l'apice della sua popolarità e influenza fino al Nuovo Regno, quando veniva chiamato il più grande Dio fra i grandi Dei. Molte parti del complesso templare di Karnak erano dedicate a Khonsu, nel periodo ramesside. Il suo tempio principale, nel complesso di Karnak, è in buono stato di conservazione e su una delle pareti compare una cosmogonia nella quale Khonsu è accostato al grande serpente che rende fertile l'uovo cosmico durante la creazione del mondo.

Il suo animale sacro era il babbuino, animale tradizionalmente associato alla luna e a Thot[16]: in questa forma, Khonsu veniva chiamato Custode dei Libri del Termine dell'Anno.

Ruolo e culto

Khonsu, raffigurato come uomo con testa di falco sormontata dalla luna, nei panni di dio della conoscenza e del tempo intento a scrivere. Rilievi sulle pareti del tempio di Kôm Ombo.
Si riteneva che proteggesse coloro che viaggiavano di notte. Come dio della luce nella notte, Khonsu era invocato come protettore contro gli animali selvatici, oltreché come dio guaritore in generale. Gli egizi credevano che, quando Khonsu si produceva nella luna crescente, la potenza sessuale si incrementasse, le donne concepissero, le mandrie diventassero fertili e le narici e le gole si riempissero di aria pura.

Mentre numerose divinità, nel corso della storia egizia, furono fuse ad altri dei, Khonsu cominciò viceversa a essere adorato in molteplici aspetti, ad esempio Khonsu-Bambino e Khonsu-di-Tebe.
Un altro ruolo di Khonsu era quello di accompagnare il ba (anima) dei defunti nella duat (aldilà).
A Tebe era talvolta identificato con l'epiteto Neferhotep il cui significato letterale è perfetto di offerte ma può anche significare del buon riposo.

La stele della principessa di Bakhtan
Lo stesso argomento in dettaglio: Stele di Bentresh.
Il dio Khonsu aveva reputazione di potente guaritore anche al di fuori dell'Egitto. Una stele tramanda il ricordo della subitanea guarigione di una principessa di Bakhtan, sorella di una delle numerosissime mogli di Ramesse II, nel momento in cui una statua del dio giunse al suo capezzale[19]. Il faraone aveva consultato l'oracolo di Khonsu a Karnak per sapere come guarire la cognata, dando poi l'ordine di inviare a Bakhtan una statua di Khonsu che si credeva abitata da una speciale manifestazione del dio, chiamata Khonsu Che determina i fati, il Grande Dio che scaccia i demoni della malattia[3].

Il faraone Tolomeo IV (222 a.C. - 204 a.C.), guarito da una grave malattia, si impose il titolo di Amato da Khonsu Che protegge Sua Maestà e scaccia gli spiriti maligni

Atum (anche Tem, Temu, Tum e Atem[3] ) è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto. Era il dio creatore nella teologia eliopolitana, generatosi da sé[4], nonché incarnazione del sole che tramonta (e perciò talvolta venerato come aspetto serale del dio-sole Ra)[5]. Era compreso nell'Enneade[6] e chiamato Toro dell'Enneade, in riferimento al toro Mnevis venerato a Eliopoli, a lui sacro[4]. Il suo culto era molto esteso.
https://it.wikipedia.org/wiki/Atum
Si ritiene che il suo nome derivi dalla parola tem, che significa completare, finire, portare a termine[7] ma che è anche la forma negativa del verso essere[7]; ciò si potrebbe riferire alla sua natura di dio creatore del mondo ma originatosi spontaneamente da un universo indistinto[7]. In quanto dio creatore, era visto come personificazione della sostanza stessa del mondo, delle cose fisiche così come delle divinità - o, in alternativa, il ka (spirito) di tutte queste cose[8].

Nella scrittura geroglifica, il suo nome ha numerose varianti grafiche:

t
tm m A40

oppure

i t
tm m A40

oppure

i t
tm A40

oppure

t
tm A40

oppure

M17 t m A40

oppure

M17 t
D38 A40
Origine

Rilievo raffigurante il faraone Ramesse IV (1155 a.C. - 1149 a.C.), a sinistra, in atto di venerare Atum, rivestito degli attributi regali. Tempio di Khonsu a Karnak
Atum era, sin dalle prime epoche della storia egizia, una delle divinità più adorate e più frequentemente menzionate, come suggerisce la sua preminenza nei Testi delle piramidi, risalenti alla V e VI dinastia (complessivamente: 2510 a.C. - 2192 a.C.[9]), ove compare sia come creatore che come padre del faraone[8]. Atum conservò sempre uno stretto legame teologico con la regalità, come attesta, per esempio, questa formula proveniente dal corpus dei Testi delle Piramidi[1]:

«O Atum-Ra, Tuo figlio giunge a Te, il re giunge a Te. Fa' sorgere questo re fino a Te, racchiudiLo nel Tuo abbraccio, poiché Egli è Tuo Figlio, (Figlio) del Tuo Corpo, per sempre.»

(Testi delle piramidi, n°217[10])
Storia e caratteristiche
Genealogia divina
Nel mito cosmogonico incentrato sull'enneade di Eliopoli, Atum era considerato il primo degli dei, essendosi creato da sé, seduto su una collinetta che emergeva dalle acque primordiali, espressione del caos, identificate con Nun[11]. Una versione leggermente differente vuole che abbia creato il dio Shu (l'aria) e la dea Tefnut (l'umido) tramite sputo o masturbazione[1][12]. D'accordo con quest'ultima credenza, la mano di Atum fu venerata come suo principio femminile[13] nella figura della dea Iusaas[14] da una apposita classe di sacerdotesse denominate Mano del Dio e simbolicamente sposate con Atum[1].

Ricostruzione di una rappresentazione Atum, a destra, e Ra-Horakhty, a sinistra, presente sulle pareti della tomba (KV11) di Ramesse III[15]
Altre interpretazioni stabilivano che Atum si fosse unito alla sua stessa ombra, generando sempre Shu e Tefnut[16]. A loro volta, Shu e Tefnut generarono Geb (la terra) e Nut (il cielo). Il mito racconta che questi ultimi se ne stavano sempre uniti e impedivano alla vita di germogliare, così Atum ordinò al loro padre, Shu, di dividerli. Con le mani Shu spinse Nut verso l'alto facendole formare la volta celeste e con i piedi calpestò Geb tenendolo sdraiato. In questo modo l'aria separò il cielo dalla terra. Geb e Nut, a loro volta, generarono quattro figli: Osiride, Iside, Nefti e Seth.

Dall'Antico al Nuovo Regno
Durante l'Antico Regno (ca. 2680 a.C. - 2180 a.C.[17]) gli egizi credevano che Atum sollevasse l'anima del faraone dalla sua piramide fino alle stelle. Era inoltre una divinità solare, accostata al dio principale, Ra. Atum era particolarmente identificato con il sole del tramonto, mentre Khepri incarnava il sole mattutino e Ra il sole sfolgorante di mezzogiorno[5][18].

Atum mentre tiene a bada il gigantesco serpente Apopi, incarnazione del caos e del male. Dipinto sulle pareti della tomba di Ramesse I (KV16), Valle dei Re[19]
Nel Libro dei morti, formatosi durante il Nuovo Regno (1550 a.C. - 1069 a.C.[20]) ed estremamente diffuso fino alla dominazione romana dell'Egitto, Atum è descritto sotto forma di serpente mentre ascende dalle acque del caos primordiale e si rinnova ogni mattina[21][22]. Inoltre, Atum era dio della preesistenza (l'esistenza dell'anima, dello spirito o della vita stessa prima della nascita o creazione[23]) e della vita dopo la morte. Nel viaggio dell'astro solare attraverso il cielo diurno e, credevano gli egizi, di notte attraverso l'oltretomba, Atum era contrapposto al giovane dio-scarabeo Khepri, dio del mattino, il cui nome deriva dal termine egizio hpr, che significa cominciare a esistere[24]. Atum-Khepri, invece, racchiudeva sia la simbologia mattutina che quella serale[25]. Secondo un'interpretazione leggermente differente, Khepri incarnava la rinascita quotidiana del sole, mentre Atum personificava il sole come fonte della creazione[6].

L'Inno a Ra nella tomba di Kheruef
Nella tomba (TT192) del funzionario Kheruef, "sovrintendente del palazzo" della regina Tiy, Grande sposa reale di Amenofi III (1386 a.C. - 1348 a.C.[26]), scavata nella necropoli tebana, si può leggere un lungo inno a Ra, nel quale i contorni del dio-sole si fondono con quelli di Atum:

«Salve, capo supremo (del tempo infinito), Atum, (grande dalla durata immutabile!). Ti sei unito alla terra della luce del cielo, sei apparso sul lato occidentale come Atum Che è nel rosso del tramonto; sei venuto con la tua potenza senza un antagonista, hai dominato il cielo come Ra; raggiungi i tuoi due cieli con giubilo, hai scacciato nubi e tempesta. Scendi dal ventre di Tua madre Nunet; Tuo padre Nun porge il saluto njnj.»

(Tomba di Kheruef[27])
Iconografia
Atum era generalmente raffigurato come un uomo recante in capo l'usuale copricapo dei faraoni, il nemes, oppure la doppia corona dell'Alto e Basso Egitto, per rafforzare il legame tra questo dio e il sovrano. assiso sul trono o a volte in piedi, con la doppia corona simbolo dell'Alto Egitto e del Basso Egitto[1]. Talvolta era rappresentato sotto forma di serpente (forma che assume al termine della creazione) e, occasionalmente, di mangusta, leone, toro, lucertola o scimmia[28]. Rispetto all'enorme importanza che Atum aveva nel pantheon egizio, le sue rappresentazioni in pittura o scultura sono particolarmente scarse; alcune statue regali, anziché meri ritratti del faraone in questione, potrebbero essere immagini simboliche di Atum con le fattezze del sovrano raffigurato

Sokar (anche Seker, Sokaris o Socharis) è una divinità egizia della antica religione egizia. Era il dio funerario della necropoli di Menfi, Saqqara, dio dei morti, della tenebra, del decadimento della terra e degli artigiani[1][2]; veniva rappresentato come una mummia con testa di falco, o semplicemente come falco
https://it.wikipedia.org/wiki/Sokar
Nome ed epiteti
Benché il significato del suo nome rimanga incerto, nei Testi delle piramidi gli egizi lo collegavano al grido di angoscia di Osiride a Iside: Sy-k-ri ("Accorri!")[4]; potrebbe anche derivare da skr, che significa "pulire la bocca"[5].

O34
V31
D21 A40
skr (Sokar, Seker). Talvolta anche:

O34
V31
D21 G10
A volte compare, diretto verso l'aurora, sulla sua barca hennu, che era fondamentalmente una elaborata slitta in grado di transitare sulle sabbie della necropoli[6]. Il suo epiteto era "Quello di Rastau", che è il luogo delle "bocche di passaggio", l'accesso cioè alle tombe ("Rastau" era anche un termine indicante la piana di Giza)[6]:

n
i r
Z1 s V2
Z2 N25
ni rꜣ stꜣw - "quello di Rastau". Sokar aveva anche un'equivalente femminile nella dea Sokaret (il suffisso -t rende femminile il genere delle parole):

O34
V31 r
t H8 B1
skrt ("Sokaret"), che era anche un appellativo di Hathor.

Sokar, in forma umana, sul dorso di un serpente fra due ali spiegate (simbolo di resurrezione)[4]. Illustrazione del libro dell'Amduat nella tomba (KV34) di Thutmose III, nella Valle dei Re.
Iconografia
Una delle raffigurazioni più frequenti di questa divinità, accostata di frequente a Ptah od Osiride, era quella di un falco mummificato o di una mummia con la testa di falco. Poteva anche essere rappresentato come tumulo o collinetta dalla cui cima spuntava una testa di falco; in tali raffigurazioni il suo epiteto era "Colui che sta sulla sua sabbia"[7][8]. Nell'oltretomba, Sokar è strettamente connesso ad altre due divinità: Ptah, il dio creatore e principale divinità di Menfi e Osiride, dio dei morti. In epoca più tarda, questi tre furono fusi in un unico dio: Ptah-Sokar-Osiride, spesso raffigurato come una mummia in piedi, con corona cornuta o, talvolta, con testa di falco[9][10].

Sokar figura, durante il Nuovo Regno (1550 a.C. - 1069 a.C.[11]), nel Libro dell'oltretomba, l'Amduat; compare assiso sul dorso di un serpente fra due ali spiegate. Tale simbologia potrebbe suggerire una connessione con la resurrezione o un passaggio sereno nel mondo dei morti[4]. A dispetto di questa prospettiva, la regione dell'oltretomba associata a Sokar era descritta come un luogo sabbioso e irto di difficoltà chiamato Imhet (o Amhet, Ammahet o Ammehet), che significa "riempito"[12][13].

Ruolo e culto

Falsa mummia di Osiride (cosiddetto Osiride vegetante[14]). Il sarcofago ha le sembianze del dio Sokar. British Museum, Londra.
Probabilmente grazie alla sua associazione con il dio Ptah, Sokar venne anche considerato dio degli artigiani (e prediletto da coloro che lavoravano i metalli, come gli orefici)[15]. Nel Libro dei morti, un passaggio descrive Sokar mentre maneggia vasi d'argento[4]; inoltre uno dei sarcofagi di Sheshonq II (ca. 890 a.C. - 887 a.C.), integralmente in argento, rinvenuto a Tanis, ha le fattezze del dio Sokar[16][17]. Il centro del suo culto era Menfi[2], dove si tenevano festività in suo onore del 26º giorno del quarto mese di primavera (akhet). Mentre tali celebrazioni avevano luogo, i devoti dissodavano e coltivavano la terra servendosi del bestiame: ciò potrebbe suggerire un legame di Sokar con l'agricoltura[5]. Comunque, i devoti dovevano anche portare collane di cipolle intorno al collo, per evidenziare la natura funeraria di questo dio: le cipolle erano utilizzate nella mummificazione (la pelle della cipolle poteva essere posta sugli occhi o dietro le orecchie del defunto per mascherare l'odore)

Hathor (dall'originale egizio: ḥwt-ḥr; che significa Casa di Horus, ellenizzato Ἅθωρ, Hathor[3]) è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto, dea della gioia, dell'amore, della maternità e della bellezza[4][5]. Per tutta la storia egizia, fu una delle divinità più importanti e venerate; il suo culto, di origini preistoriche e predinastiche[6], si estendeva dalla corte faraonica (era ritenuta la madre simbolica dei faraoni[7]) ai ceti più umili. Veniva solitamente raffigurata nelle tombe con l'epiteto di Signora dell'Occidente, cioè Signora dei morti, e si credeva che accogliesse le anime nell'aldilà (Duat)[4]. Gli egizi la adoravano anche come dea della musica, della danza, delle terre straniere e della fertilità, e pensavano che assistesse le partorienti[8]. Inoltre, anche le miniere erano poste sotto la sua protezione[9], così come le sorgenti del Nilo. Era comunemente raffigurata come una vacca con il disco solare, provvisto di ureo, fra le corna; in epoca tarda veniva talvolta rappresentata con due piume e con il pettorale menat, tipico attributo delle sue sacerdotesse[10].

Nel corso dei millenni, Hathor assimilò una grande quantità di divinità locali, accumulando così una mitologia e degli attributi estremamente variegati[11] - al punto di essere considerata contemporaneamente madre, sposa e figlia di Ra e madre di Horus (come Iside); era associata a Bastet[6]. Mentre nel periodo classico della storia egizia tutti i defunti erano indistintamente equiparati a Osiride, dio dei morti, durante la dominazione romana dell'Egitto nacque la pratica di identificare le defunte con Hathor[12]. Gli antichi greci la associarono ad Afrodite
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Prime rappresentazioni

Divinità in sembianze di vacca sulla cinta di Narmer e sulla cima della Tavoletta di Narmer, al Museo egizio del Cairo (CG 14716).
L'iconografia di Hathor rimase ambigua fino alla IV dinastia egizia (ca. 2630 a.C. - 2510 a.C.[14])[15]. All'inizio dell'età storica, finì con l'assumere l'aspetto o gli attributi di una giovenca. Alcuni manufatti del periodo predinastico (ante 3150 a.C.) presentano immagini di divinità dalle sembianze di vacca con il medesimo simbolismo successivamente impiegato per Hathor: gli egittologi ritengono che si tratti di precursori della figura di Hathor, o della stessa Hathor in una forma primordiale[16].

Divinità in sembianze di vacca compaiono sulla cinta del faraone Narmer (ca. 3150 a.C. - 3125 a.C.) nella Tavoletta di Narmer, nonché sulla cima della tavoletta stessa, visibili da entrambi i lati (questo fondamentale reperto risale alla fine periodo predinastico); si potrebbe trattare di una delle prima immagini di Hathor o della dea Bat, cui fu associata ma che finì col soppiantare: erano generalmente considerate la stessa divinità ed espressioni dello stesso concetto divino, benché avessero origini diverse. L'identificazione con Hathor della giovenca sulla Tavoletta di Narmer deriva da un passaggio dei Testi delle piramidi, in cui si dice che Hathor è il riparo del faraone[17]. Una pietra scoperta a Ieracompoli e risalente alla I dinastia reca, su un margine, la figurazione di una vacca con stelle sulle orecchie e sulle corna - probabile rimando al ruolo di Hathor e Bat come dee del cielo. Un altro reperto della I dinastia, un'incisione su avorio, mostra una giovenca sdraiata con l'iscrizione Hathor nelle Paludi, in riferimento al mondo vegetale e soprattutto alle paludi dove cresceva il papiro. In quanto divinità degli alberi, durante l'Antico Regno era spesso chiamata Signora del Sicomoro[4][6].

Ruolo e caratteristiche

Rilievo d'epoca tolemaica (305 a.C. - 30 a.C.) raffigurante Hathor assimilata ad Iside. Templi di File.

Statua di Hathor al Luxor Museum di Luxor-
Hathor godette di un culto estremamente sentito e popolare, soprattutto grazie agli aspetti positivi che incarnava: l'amore, la gioia, la bellezza (aveva epiteti quali Signora della casa del Giubilo e Colei Che riempie il Santuario di Gioia). Una speciale venerazione le era riservata da parte delle donne, delle quali incarnava e proteggeva i ruoli di madre, moglie e amante rappresentati dagli sfaccettati rapporti familiari che i miti le attribuivano. Hathor aveva un legame complesso con il dio-sole Ra: di volta in volta, poteva essere considerata l'occhio di Horo, sua figlia oppure sua madre. Assorbì questo ruolo, per sincretismo, dalla Vacca celeste Mehetueret, che in un mito della creazione fungeva da madre di Ra e lo portava in mezzo alle corna. Gli egizi credevano che, come dea madre, desse alla luce Ra ogni mattina, nell'orizzonte orientale - mentre durante il giorno si univa allo stesso Ra in quanto sua sposa[6]. Di volta in volta, a seconda dei differenti miti, delle epoche e perfino delle località, i suoi consorti potevano essere Ra oppure Horus, mentre i suoi genitori potevano essere Neith e Khnum, oppure ancora Ra, e i suoi fratelli erano di volta in volta considerati sempre Ra con Apopi, Thot, Sobek e Selkis. Fra i suoi figli vi erano gli dei Horus, Ihi, Imset dalla testa umana, Qebehsenuf dalla testa di falco, Hapi dalla testa di babbuino e Duamutef dalla testa di sciacallo (questi ultimi quattro erano raggruppati con il nome di Figli di Horus e tutelavano ciascuno uno dei quattro vasi canopi[18]).

Insieme alla dea Nut, Hathor fu associata alla Via Lattea nel III millennio a.C. quando, durante gli equinozi d'autunno e primavera, sembrava allineata sulla Terra e sembrava che la toccasse nei punti il cui il sole sorgeva e tramontava[19]. La Via Lattea era vista come un corso d'acqua che attraversava il cielo, su cui navigavano le divinità solari, come Ra, e lunari, come Khonsu - e per questo era definita dagli egizi Nilo del Cielo[20].

Durante il Medio Regno ricevette l'epiteto di Nub, che significa Dorata, e il suo culto si diffuse anche in Palestina e in Fenicia; era internazionalmente nota come Signora di Biblo. In seguito venne identificata, in queste regioni, con Astarte e con altre divinità cananee come la dea Qadesh. Sotto forma di Hesat, dea-giovenca che si credeva partorisse il faraone nelle sembianze di un vitello d'oro[21], era venerata ad Afroditopolis (odierna Atfih) nel ventiduesimo nomo dell'Alto Egitto.

Iconografia

Micerino tra le dee Hathor e Anput, in grovacca. Museo egizio del Cairo.
Nelle rappresentazioni artistiche e nell'architettura, sono rintracciabili tre tipologie dominanti dell'iconografia di Hathor:

come una giovane donna dai tratti idealizzati, con la parrucca sormontata da corna di vacca, tra le quali si trova il disco solare completato dall'ureo, e talvolta recante l'ankh, simbolo della vita, e il lungo scettro uas, simbolo del potere degli dei[7].
come vacca o giovenca, con il disco solare fra le corna (detta, in tale forma, Vacca Celeste)[7].
come una colonna il cui capitello ha l'aspetto di un volto umano con orecchie bovine, sormontato da una parrucca rigonfia, terminante con due riccioli, tipica di Hathor[7][22]. Il fusto può avere la forma di un sistro, strumento musicale sacro alla dea. Questo tipo di colonna, chiamata colonna hathorica, comparve durante il Medio Regno[23].
Meno comunemente, poteva essere raffigurata come una leonessa, un serpente o un sicomoro[24].

Hathor e il faraone
Con un apparente paradosso, i faraoni erano chiamati Figli di Hathor - benché fossero considerati reincarnazioni di Horus, il figlio della dea Iside. È probabile che, alle origini della mitologia egizia, la madre del dio-falco fosse effettivamente Hathor, originariamente dea del cielo, habitat dei falchi e degli altri volatili. Iside sarebbe stata considerata madre di Horus solamente quando si sentì la necessità di fondere il mito di Osiride con il mito di Horus e Seth. Il legame tra Hathor e il signore dell'Alto e del Basso Egitto si rafforzò durante la IV dinastia, specialmente durante il regno di Micerino (ca. 2530 a.C. - 2512/08 a.C.[25]), dal momento che si sono conservate svariate triadi, ossia sculture in cui il re, al centro, è affiancato da Hathor e da un'altra divinità variabile. Una lista parziale include[26]:

triade raffigurante la dea Hathor come Signora del Sicomoro, assisa con le braccia intorno a Micerino e la deificazione del nomo di Ermopoli, entrambi stanti, in grovacca, al Museum of Fine Arts di Boston (09.200)[27].
triade raffigurante Micerino, Hathor come Signora del Sicomoro e la deificazione del nomo di Tebe, stanti, in grovacca, al Museo egizio del Cairo (Ent. 40678)[28].
triade raffigurante Micerino, Hathor come Signora del Sicomoro e la dea Anput, stanti, in grovacca, al Museo egizio del Cairo (Ent. 40679)[29].
triade raffigurante Micerino, Hathor come Signora del Sicomoro e la dea Bat, stanti, in grovacca, al Museo egizio del Cairo (Ent. 46499)[30].

Statua di Amenofi II in piedi fra le zampe anteriori di Hathor e chino mentre succhia il latte della dea (JE 38574). Museo egizio del Cairo.
Durante la XVIII dinastia egizia, per la Cappella di Hathor nel monumentale Tempio funerario di Hatshepsut (ca. 1478 a.C. - 1458 a.C.) a Deir el-Bahari, sulla riva occidentale del Nilo, furono realizzati due bassorilievi che enfatizzavano il rapporto tra Hathor e la sovrana d'Egitto: nel primo, la dea-giovenca lecca amorevolmente la mano di Hatshepsut assisa in trono, mentre nell'altro la monarca beve il latte dalle mammelle di Hathor[31].

La regina Nefertari, con il capo sormontato dalle corna e dal disco solare di Hathor, e quindi con le sembianze della dea, sulla facciata del Tempio minore di Abu Simbel.
La scena dell'allattamento del faraone compare anche in una statua di pochi decenni successiva, dove Amenofi II (ca. 1427 a.C. - 1401 a.C.) è raffigurato due volte: fieramente eretto fra le zampe anteriori di Hathor in forma di vacca e, un'altra volta, come un bambino in ginocchio fra le zampe posteriori mentre succhia il latte della dea[31][32]. Steli di papiro affiancano la testa della vacca. Questa scultura fu scoperta nel 1906 dall'archeologo Henry Édouard Naville nel Tempio di Thutmose III a Deir el-Bahari.

Quando Ramses II il Grande (1279 a.C. - 1213 a.C.) fece edificare il cosiddetto Tempio minore di Abu Simbel in onore della sua Grande sposa reale Nefertari, da lui particolarmente amata, fece rappresentare la regina come Hathor, appunto dea dell'amore[33]: in tutto il tempio, Ramses II compare tante volte quanto Nefertari, eccetto che nel fondo, dove è raffigurato nell'atto di fare offerte ad Hathor che, sotto forma di vacca, esce dalla montagna[34]. Inoltre Hathor comparve nei nomi di vari componenti delle famiglie reali dell'Egitto, quali il faraone Sahathor della XIII dinastia, le principesse Sithathor e Sithathoriunet della XII dinastia e la regina Duathathor-Henuttaui della XXI dinastia.

Dea dell'amore, della musica e della danza

Hathor sulle pareti del suo tempio a Deir el-Medina, d'epoca wessdefrfd
Hathor era la principale divinità del sesso nell'antico Egitto, e i greci la identificarono con Afrodite non appena vennero in contatto con la religione egizia[35]. In virtù del suo legame con l'amore, gli egizi credevano che Hathor ispirasse il desiderio sessuale tramite la musica e la danza. In un mito, Hathor danzò nuda di fronte a Ra, imbronciato, finché non riuscì a farlo ridere[36]. Quando Ra non si trovava insieme ad Hathor, cadeva in una profonda depressione[36]: infatti era anche dea della gioia. Il figlio di Hathor e Horus, nella teologia del Tempio di Dendera, era il dio fanciullo Ihi, personificazione dell'estasi derivante dalla musica[37]. La musica era fondamentale nelle liturgie di Hathor e, per esprimere la loro gioia e l'euforia nell'adorazione della dea, le sacerdotesse di Hathor danzavano e suonavano due strumenti: il sistro e il collare menat[38]. Il sistro, che ebbe una vasta diffusione anche nel mondo romano, era una lamina in bronzo a forma di pilastro (terminante con una piccola testa di Hathor) attraversata da alcune asticciole mobili: veniva agitato come un sonaglio e le asticciole, sbattendo contro la lamina di bronzo, producevano un suono intenso. Il pettorale menat, invece, era uno strumento da scuotere, composto di perline sonore, talvolta anche di turchese (altro titolo di Hathor era Signora del turchese[39]) anziché un vero e proprio pettorale da indossare[38]. Al grande Tempio di Dendera, la statua della dea veniva rimossa dal buio sancta sanctorum in cui era conservata e trasportata processionalmente, in mezzo alle danze e al suono dei sistri e dei menat, sul tetto del santuario, dove si trovava una cappella costruita appositamente per ospitare questa cerimonia dell'incontro tra Hathor e i raggi del sole (Ra)[38].

Hathor raffigurata nell'atto di accogliere il defunto Thutmose IV nell'aldilà. Tomba di Thutmose IV, Valle dei Re.
Aspetti funerari del culto di Hathor
Il culto di Hathor assumeva connotazioni funerarie sulla riva occidentale del Nilo, dove era considerata protettrice della vasta necropoli di Tebe, con il titolo di Signora della necropoli[40]. Gli egizi credevano che la dea alleviasse le sofferenze dei morenti e accogliesse maternamente i defunti nell'aldilà (Duat) offrendo loro cibo, bevande e ristoro. Con il titolo di Signora dell'Occidente, la dea compariva su stele e papiri funerari nelle sembianze di giovenca che esce dal deserto, dove venivano scavate le tombe, diretta verso le paludi dove crescevano le piante di papiro - chiaro collegamento tra le sepolture e la vita che continuava sulle fertili sponde del Nilo[41]. A sottolineare la sua funzione di guardiana della necropoli, le rappresentazioni di Hathor erano molto comuni sui pilastri che circondavano i sarcofagi, nelle camere sepolcrali più ricche: nella tomba di Amenofi II, le immagini di Hathor sono più numerose di quelle di divinità prettamente funerarie come Osiride e Anubi[41].

Aspetti sanguinari del mito Hathor
La natura essenzialmente benigna di Hathor la rese estremamente popolare,ma possedeva anche un lato distruttivo evidenziato da un mito sulla fine del dominio di Ra sulla terra, il dio, adirato con gli uomini che avevano cospirato contro di lui, inviò Hathor fra gli uomini, sotto forma di Sekhmet, per distruggerli. Nel mito, al termine della battaglia la sete di sangue della dea non era ancora domata e ciò la portò a intraprendere la distruzione dell'umanità intera. Per porre freno alla strage e salvare il genere umano, Ra tinse della birra con ocra rossa ed ematite perché sembrasse sangue. Scambiando la birra per sangue, Sekhmet si ubriacò e non portò a termine il massacro, ritornando da Ra ammansita - in alcune versioni, nelle sembianze di Hathor

Sekhmet e Hathor, qui identificate come figlie di Ra e per questo sormontate dal disco solare
Questo mito, detto della Distruzione dell'umanità, compare, per esempio, nel Papiro 86637 del Museo egizio del Cairo, detto Calendario dei Giorni Fortunati e Sfortunati, ove le azioni di Sekhmet, Horus, Ra e Uadjet vengono ricondotte al sistema stellare Algol, nella costellazione di Perseo. Una sua versione si è anche conservata nelle iscrizioni che corrono intorno al grande sacello dorato che conteneva i sarcofagi di Tutankhamon, nella sua tomba, risalente al 1323 a.C.[45]

Templi

Capitello a forma di testa di Hathor, per questo detto hathorico. Tempio di Hathor, Dendera.
Mentre la devozione ad Hathor cresceva a partire dal culto delle vacche d'epoca preistorica, non è possibile determinare con esattezza in quale località tale devozione ebbe origine. Dendera, nell'Alto Egitto, fu una delle prime località dove il suo culto prese vigore, per cui un famoso epiteto di Hathor era Signora di Dendera[46]. Il grande e ricco Tempio di Dendera, uno dei più bei monumenti dell'epoca tarda, esercitò, in epoca tolemaica e romana (305 a.C. - III secolo a.C.), un fortissimo richiamo devozionale e turistico; la sua costruzione ebbe inizio sotto Tolomeo IX e terminò sotto Nerone (fu perciò edificato tra l'80 a.C. e il 68 d.C.)[47]. Originariamente, durante l'Antico Regno, Hathor ebbe luoghi di culto a Meir e Cusae, con una devozione particolarmente sentita nella zona di Giza e Saqqara. Dendera emerse all'inizio del Primo periodo intermedio (XXII secolo a.C.) come centro di culto principale di Hathor, che lì era adorata come madre e consorte del cosiddetto Horus di Edfu. Una volta l'anno veniva celebrata la festa detta del Bell'incontro, o della Buona Unione, nella quale la statua della dea veniva portata in processione con la Barca sacra fino all'importante tempio di Edfu per rinnovare il suo matrimonio con Horus e vivificare così il faraone, nel quale Horus si incarnava[48]. Anche Deir el-Bahari, sulla riva occidentale del Nilo, di fronte a Tebe, era sacra ad Hathor, grazie ad un preesistente culto delle vacche[6]. Templi e cappelle dedicati ad Hathor:

Tempio di Hathor e Maat a Deir el-Medina, sulla riva occidentale del Nilo, presso Luxor.
Tempio di Hathor sull'isola di File, presso Assuan.
Cappella di Hathor e Tempio mortuario della regina Hatshepsut, sulla riva occidentale del Nilo, presso Luxor.
Tempio di Hathor nella Valle del Timna, in israele.
Inno del faraone Antef II ad Hathor

L'immagine del faraone Antef II, in atto di fare offerte a Ra e Hathor, accanto alle colonne di testo degli inni a queste due divinità, sulla sua stele funeraria. Metropolitan Museum of Art, New York.
Un interessante inno ad Hathor compare, in nove colonne di testo, dopo un inno a Ra, su una stele di Antef II (ca. 2112 a.C. - 2063 a.C.[49]), quarto faraone della XI dinastia, rinvenuta nella sua tomba a Tebe e conservata al Metropolitan Museum of Art di New York. Fra le molte sfaccettature del culto di Hathor, l'inno di Antef II si appella all'aspetto celeste della dea[50]. Come ha osservato l'egittologo britannico Toby Wilkinson, questi versi sembrano suggerire una profonda devozione personale e quasi un senso di umana fragilità, uniti a un certo timore della morte

Amon (Imn, pronunciato Amana nella lingua egizia, in italiano anche Ammone[2][3], dal greco antico Ἄμμων, Ámmōn o Ἅμμων, Hámmōn; letteralmente il Misterioso o il Nascosto[4]) è una divinità appartenente alla religione dell'antico Egitto. Fu un dio di massima importanza per quasi tutta la storia egizia[5]. È attestato già durante l'Antico Regno (ca. 2680 - 2180 a.C.[6]) con la sua sposa Amonet[7], come testimonia ad esempio un'iscrizione nella piramide di Pepi II:

«[…] o Amon e Amonet! Voi coppia degli dei, che agli dei - con le loro ombre - vi siete uniti.»

(Testi delle piramidi, n°579[8])

Amon rappresentato come Amon-Ra. Dopo l'eresia amarniana le raffigurazioni della pelle del dio presentano una colorazione blu, un colore che, richiamandosi al cielo, nella percezione teologica dell'epoca risaltava la purezza del dio (vedi sotto).
Durante l'XI dinastia (2160 a.C. - 1944 a.C.) assurse al ruolo di patrono di Tebe, sostituendo Montu. Dopo la ribellione dei prìncipi tebani contro gli hyksos e con il regno di Ahmose I (1539 a.C. - 1514 a.C.), Amon assunse un'importanza nazionale, esplicata dalla sua fusione con il dio-sole Ra nella figura di Amon-Ra. Durante il Nuovo Regno Amon fu de facto il capo del pantheon egizio - con l'eccezione dell'eresia amarniana durante il regno di Akhenaton (1351 a.C. - 1334/3 a.C.). Amon fu il dio creatore, trascendente e creatosi da sé, protettore dei poveri e degli oppressi e oggetto di una devozione estremamente diffusa.

Equiparabile come funzione a Zeus (religione greca) e a Giove (religione romana), la sua posizione di Re degli Dei sfociò, talvolta, in una sorta di monoteismo virtuale quando tutti gli dei erano ritenuti sue manifestazioni. Insieme a Osiride, Amon-Ra è il dio che compare con più frequenza nelle fonti egizie. Come divinità principale dell'impero egizio, Amon-Ra fu adorato anche fuori dall'Egitto, nell'antica Libia e in Nubia. Con il nome di Zeus-Ammone, fu venerato anche dai greci
https://it.wikipedia.org/wiki/Amon
Amon e Amonet compaiono, durante l'Antico Regno, nei Testi delle piramidi: i due facevano parte della antica Ogdoade di Ermopoli. Il nome Amon (scritto imn, pronunciato Amana nella lingua egizia) significa il Misterioso, il Nascosto, come osservò già Plutarco. È anche possibile che derivi dalla parola libica amana, acqua - anche se, eccettuati vaghi riferimenti al Nilo e al mare, non si tratta di un aspetto fondamentale della natura del dio. Gli egizi sottolineavano la difficoltà a risalire al vero significato chiamandolo asha renuː ricco di nomi. Si riteneva che Amon avesse dapprima creato sé stesso e poi il suo entourage. Gli altri membri dell'Ogdoade erano Nun e Nunet, Kuk e Keket, Hehu e Huhet. Con i geroglifici, il suo nome era scritto:
Imn (pronunciato Amana nella lingua egizia)

Amon divenne il patrono di Tebe alla fine del Primo periodo intermedio, sotto la XI dinastia. Nelle vesti di patrono di Tebe, sua sposa era la dea Mut. La triade tebana era formata da Amon come padre, Mut come madre e dal dio lunare Khonsu come figlio.

Amon in un bassorilievo nel Complesso templare di Karnak (ca. 1450 a.C.)

Originariamente, Amon veniva dipinto con la pelle rosso-bruna, ma dopo la restaurazione religiosa conseguente al periodo dell'eresia di Akhenaton, si cominciò a raffigurarlo con la pelle blu, a simboleggiare la sua associazione con l'aria e la creazione primordiale nonché con il lapislazzuli che gli Egizi consideravano la pietra più preziosa. Amon è stato rappresentato anche in un'ampia varietà di altre forme.

Rappresentazione di Amon come Amon-Ra, successiva al periodo dell'eresia di Akhenaton.
Iconografia

Statua in granito raffigurante Ramses II assiso fra Amon e Hathor. Museo Egizio di Torino.
Amon era comunemente raffigurato con sembianze antropomorfe, talvolta assiso in trono. La sua pelle poteva essere colorata di blu in riferimento al lapislazzuli che, per il suo grande valore, gli egizi associavano alla carne degli dei. La sua corona era costituita da un modio sormontato da due alte piume, forse in riferimento alla natura celeste di Amon (a cui si poteva aggiungere il disco solare per identificarlo con il dio-sole Ra). Ogni piuma era divisa verticalmente in due sezioni a simboleggiare l'equilibrio degli opposti e forse, nello specifico, l'Alto e Basso Egitto; a sua volta ogni sezione era suddivisa in sette parti da segmenti orizzontali (il 7 era considerato un numero magico). In alcune immagini, specie quando associato al dio Min (Min-Amon), era avvolto in un sudario e presentava una vistosa erezione. Era anche sovente rappresentato da un'oca (anser albifrons) che, secondo il mito, avrebbe deposto l'uovo cosmico primordiale da cui si sarebbe generata la vita, e da un ariete con il disco solare tra le corna ricurve. L'associazione con l'ariete nacque probabilmente dall'osservazione della sua energia procreatrice.

Nonostante venisse solitamente rappresentato come un uomo, gli egizi credevano che il vero aspetto di Amon trascendesse ogni immagine visuale; un suo epiteto era Nascosto d'aspetto, misterioso di forma. Tale caratteristica del dio era esemplificata dall'assenza, almeno fino a una certa epoca, di un geroglifico che lo rappresentasse, mentre le altre divinità erano espresse da un geroglifico con le loro sembianze; i geroglifici del nome di Amon si limitano a fornirne i segni fonetici della pronuncia.

La storia di Amon come patrono di Tebe inizia nel XX secolo a.C., con la costruzione del Recinto di Amon Ra, uno dei quattro grandi recinti che andranno a formare l'immenso Complesso templare di Karnak, sotto il regno di Sesostri I, che regnò tra il 1970 a.C. e il 1920 a.C. Non risulta che Tebe abbia avuto una particolare importanza prima della XI dinastia.

Le grandi costruzioni nel Recinto di Amon ebbero luogo durante la XVIII dinastia, quando Tebe divenne la capitale dell'Egitto. L'edificazione della Grande sala ipostila potrebbe essere iniziata parimenti sotto i Thutmosidi, benché vada attribuita per la maggior parte a Seti I e Ramses II, il regno dei quali copre un'ampia porzione del XIII secolo a.C. Merenptah, tredicesimo figlio e immediato successore di Ramses II, commemorò le sue vittorie sui Popoli del Mare sulle pareti della Prima Corte, la quale segnava l'inizio della strada processionale per il Tempio di Luxor. Questa Grande iscrizione di Karnak descrive le campagne vittoriose del faraone e il ritorno con il bottino e i prigionieri. Accanto a questa attestazione, compare la Stele della vittoria, che è sostanzialmente una copia della più celebre Stele di Merenptah, rinvenuta nel complesso funerario del faraone. Il figlio di Merenptah, Seti II, innalzò due piccoli obelischi di fronte al Secondo pilone.
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L'ultimo cambiamento importante nel Recinto di Amon-Ra fu la costruzione del Secondo pilone e le massicce mura di cinta che racchiudevano il Complesso; tutto ciò si deve a Nectanebo I (379 a.C. - 361 a.C.).

Nell'onomastica reale
A partire dal Medio Regno,vari faraoni portarono nomi teofori,ossia comprendenti il nome di Amonː gli Amenemhat (Amon è il Primo) della XII dinastia,gli Amenhotep (Amon è Contento) della XVIII dinastia e Hatshepsut Henemet-Amon (Prima tra i nobili, Amata da Amon).Il nome Meriamon (Amato da Amon), oppure quello di Sitamon (Figlio di Amon) comparvero nella titolatura reale di numerosi faraoni, dalla XIX dinastia fino ad Alessandro Magno e ai Tolomei

Nuovo Regno
Identificazione con Min e con Ra
Quando l'esercito di Ahmose I,fondatore del Nuovo Regno,espulse i sovrani hyksos dall'Egitto,la città d'origine del vittorioso faraone,Tebe,divenne la città più importante del Paese,la capitale della nuova dinastia. Così Amon, patrono della nuova capitale, divenne la divinità nazionale.I faraoni della XVIII dinastia,forse la più gloriosa della storia egizia, attribuirono ogni loro successo alla protezione e all'intervento di Amon e spesero una gran parte della loro ricchezza e dei bottini delle guerre nell'edificazione di templi dedicati ad Amon, cui diedero un prestigio ineguagliato.
Amon raffigurato come Amon-Min con il caratteristico fallo eretto
È inutile avvisare quando si fa dell’ironia.Gli ironici lo avranno già capito.Gli altri,non lo capiranno nemmeno dopo la spiegazione..L'ironia è la più alta forma d'intelligenza e di difesa,non cambia le cose ma t'insegna a riderci sopra e a pigliare per il culo spudoratamente tutta questa gente di merda

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