17 maggio 2022 Senato della Repubblica - seduta n. 433 - Intervento del Sen. Bagnai

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Senato della Repubblica seduta n. 433 del 17 maggio 2022

BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, parto dal riassunto delle puntate precedenti. Il 31 marzo scorso intervenivo in replica al question time ricordando al signor Ministro della salute che nelle aule dei tribunali non è possibile porre la questione di fiducia. Giova ricordarlo in questo intervento per i motivi che vedremo. Intanto, quarantasette giorni dopo, siamo qui in fervida e trepidante attesa di votare l'ennesima fiducia, fedeli alla tabella di marcia di questo Governo che ha posto in media la questione di fiducia ogni nove giorni. È un dato che oggettivamente stride con l'ampiezza del supporto parlamentare di cui questo Governo gode e che determina nei fatti, se non nelle intenzioni, una sostanziale abolizione del dibattito. Per capirci, il tema non è tanto la fiducia che verrà posta qui al Senato, perché essa è in qualche modo determinata dalle circostanze e dai tempi regolamentari: i decreti-legge vanno convertiti entro sessanta giorni, il decreto legislativo n. 24 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 24 marzo e ci restano sette giorni per convertirlo, quindi un ulteriore passaggio alla Camera non è nemmeno lontanamente concepibile e questo è pacifico. Il problema però è la questione di fiducia posta alla Camera, dove visto che sono stati presi dei tempi congrui per l'esame ci si sarebbe aspettati maggiore considerazione delle proposte emendative parlamentari. Questa considerazione non c'è stata e ce ne dispiace non solo perché ci porta a considerare con un certo rammarico questo decreto come un'occasione perduta, ma anche perché nel frattempo nelle aule dei tribunali, come era facile prevedere, l'impianto governativo del contrasto alla pandemia sta ricevendo pesanti censure, che sarebbe stato possibile evitare, almeno in alcuni casi, se si fosse prestata maggiore attenzione alle proposte parlamentari, in particolare ad alcune proposte della Lega, cui il Ministro ha opposto un diniego tanto fermo quanto oggettivamente in alcuni casi incomprensibile.
Faccio l'esempio dell'emendamento 8.58 della collega Boldi, che assimilava al personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso il personale sanitario che non è a diretto contatto del pubblico e dei pazienti, richiedendo quindi che per esso non venisse disposta la sospensione. Ebbene, non si è voluta prendere in considerazione questa proposta razionale e in una delle aule in cui non si può mettere la fiducia, quella del tribunale di Padova, il 28 aprile scorso il giudice ha disposto il reintegro senza demansionamento di una OSS inadempiente all'obbligo vaccinale, argomentando che l'obbligo vaccinale imposto ai lavoratori in questione non appare idoneo a raggiungere lo scopo che si prefigge, che è quello di preservare la salute degli ospiti. Prosegue il giudice: «Può infatti considerarsi notorio il fatto che la persona che si è sottoposta al ciclo vaccinale può comunque contrarre il virus e contagiare gli altri. Il metodo attualmente più sicuro per impedire che un lavoratore contagi le altre persone presenti sul luogo di lavoro è invece quello di avere la ragionevole certezza che egli non sia infetto, ragionevole certezza che come visto non può essere data dalla vaccinazione, bensì dalla sottoposizione periodica del lavoratore al tampone». Pertanto ha disposto il reintegro del lavoratore sostanzialmente a condizione che egli esibisse un super green pass, che poi è quel certificato di cui c'è stato detto che dava la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose e quindi non si capisce perché lo si debba superare con provvedimenti più incisivi nel momento in cui il problema è la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose. Con l'emendamento 8.75, il collega Borghi aveva chiesto che venisse abrogato il demansionamento degli insegnanti non vaccinati. La proposta non è stata accolta.
In un'altra aula dove non può essere posta la questione di fiducia, quella del tribunale di Grosseto, la sentenza n. 203/2022 RG del 3 maggio 2022 ha disposto l'immediato reintegro, senza demansionamento, di un insegnante in possesso di certificazione verde rafforzata (ossia, non rafforzata necessariamente da vaccinazione). Con l'emendamento 8.60 avevamo chiesto la possibilità per il personale sospeso di riscattare i propri contributi. Tale emendamento è stato anch'esso respinto. Non solo, ho appreso poco fa da un medico che i tre mesi di preavviso per il licenziamento non possono decorrere durante il periodo di sospensione, il che significa, sostanzialmente, che un medico che intendesse licenziarsi per andare a fare qualcos'altro dovrebbe corrispondere una pesante penale all'azienda sanitaria presso la quale è impiegato. Sostanzialmente, si vuole ledere il diritto di queste persone a un'esistenza libera e dignitosa per il resto dei loro giorni, oltre la fine dell'emergenza (che, comunque, secondo noi non giustificherebbe, né mai ha giustificato una simile lesione), precludendo loro la possibilità di accedere - a loro spese - a un trattamento pensionistico adeguato. Mi spiace doverlo rimarcare,

ma questa cosa, che è passata abbastanza sotto silenzio, mi pare di una gravità inaudita. Stiamo muovendo una guerra totale e di sterminio contro chi ha ritenuto di fare una scelta in condizioni peraltro di estrema incertezza, che giustificano delle titubanze. Voglio ricordare, ancora una volta, l'ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana che ha ritenuto non manifestamente infondato un rinvio alla Corte costituzionale, argomentando, tra le varie cose, che la farmacovigilanza ha dimostrato in questo periodo delle serie deficienze che sono state ammesse dagli stessi responsabili nelle audizioni che abbiamo svolto. Ci sono carenze organizzative, mancanza di personale e problemi di governance: tutti problemi - ripeto - che sono stati ammessi. Proprio oggi è stata depositata, da parte di diverse associazioni una memoria amici curiae presso la Corte costituzionale per aiutare il giudice costituzionale a formarsi un giudizio su vari aspetti, fra cui lo stato della farmacovigilanza. Non capisco perché si insista con provvedimenti che sembrano animati da una sterile volontà punitiva sottilmente isterica che, per quanto possa ammantarsi di ottime intenzioni, si sta rivelando ogni giorno sempre più controproducente, anche perché, tra l'altro, contribuisce a quella carenza di personale sanitario che si è cronicizzata nella stagione dell'austerità (della quale solo la forza in cui mi onoro di militare denunciò per tempo gli inconvenienti, fra cui l'inevitabile scadimento di quello che pure resta uno fra i migliori sistemi sanitari pubblici al mondo). Se tale è, dobbiamo pensare che così sia anche e soprattutto per merito di chi ci lavora. Per tutto ringraziamento non troviamo di meglio da fare che sottoporre questi professionisti a un trattamento discriminatorio, che appare ogni giorno sempre più privo di basi scientifiche, come evidenziano nella loro narrativa alcune delle sentenze che vi ho citato. Vi è poi il convitato di pietra della strategia di contrasto alla pandemia, che è l'immunità naturale: un fenomeno sotto investigato e negato. I guariti sono, per dirla con le parole del mai troppo compianto Gigi Proietti, il cavaliere nero viceversa della pandemia: 15 milioni di persone alle quali sarebbe opportuno non rompere l'anima visto che, in tutta evidenza, non vi è alcuna cogente necessità scientifica per farlo, mentre vi sono sufficienti e abbondanti evidenze scientifiche che suggeriscono di considerarli una risorsa in quanto dotati di un'immunità sostanzialmente equivalente a quella vaccinale. Abbiamo visto, in altre latitudini, la politica diventare oggetto di fiction e viceversa, ma, per quanto la fantasia degli sceneggiatori sia fertile, difficilmente uno di loro avrebbe potuto immaginare che un simile attacco al diritto del lavoro, saldamente scritto nel primo articolo della nostra Costituzione, sarebbe stato portato dal fondatore di Articolo Uno. Tutto ciò è amaramente bellissimo, ma occorre che ci disponiamo a porgli fine. Non avete voluto ascoltare noi, ma non potrete non ascoltare i tribunali. Dico ciò non con compiacimento, ma con amarezza perché mi sembra quanto mai inopportuno offrire alla magistratura una simile occasione di esercitare una supplenza nella funzione di indirizzo politico, emanando decreti palesemente lesivi di diritti costituzionalmente garantiti. Vi ho citato gli articoli 1 e 36 e altri ne potrei citare, ma l'ho fatto un'altra volta e non mi ripeto. Il problema di un riequilibrio fra i poteri (per essere più espliciti, il problema di una certa esondazione della magistratura) già esiste. Tuttavia, se siamo noi a rompere l'argine della Costituzione, questo problema lo provochiamo noi e, quindi, perdiamo il diritto di lamentarcene e la credibilità per intervenire. Con grande umiltà, ma con altrettanta determinazione, esorto tutti i colleghi a riflettere su questo punto. Sono sicuro che, se manteniamo il ritmo della fiducia ogni nove giorni, non ci mancheranno occasioni per rettificare questa traiettoria. Impegniamoci insieme a non perdere queste occasioni, nel reciproco rispetto e per l'interesse del Paese.

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